Quella simmetria che lega la Shoah ai deliri di Hamas

Mai come quest'anno il Giorno della Memoria mette l'Italia davanti a una responsabilità: la responsabilità della scelta

Quella simmetria che lega la Shoah ai deliri di Hamas
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Mai come quest'anno il Giorno della Memoria mette l'Italia davanti a una responsabilità: la responsabilità della scelta. Si può vivere la giornata come l'evento commemorativo di una lontana pagina di storia, oppure, al contrario, riconoscerne l'attualità nella tragedia che ha vissuto Israele poco più di tre mesi fa.

Dobbiamo avere il coraggio di scegliere questa seconda strada perché è evidente la simmetria tra i progetti di annientamento degli ebrei europei di ottant'anni fa e la «chiamata» di Hamas a ogni estremismo del mondo arabo per distruggere Israele e uccidere tutti gli ebrei.

L'eco della memoria è forte anche nei dettagli. La mancanza di pietà per i bambini e persino per i neonati, le donne braccate, mutilate e stuprate, le comunità assaltate e devastate con indifferente crudeltà verso i più deboli. Ottant'anni fa gli ebrei non avevano modo e mezzi per proteggersi.

Oggi li hanno e li stanno utilizzando, e tuttavia proprio il fatto che agiscano per proteggere la loro società sta diventando un fattore di esecrazione. Le piazze che si agitano con l'alibi della causa palestinese, gli esponenti politici come Elly Schlein che dicono «basta armi a Israele», rivelano un pregiudizio di fondo nei confronti di Israele, quasi che il suo diritto alla difesa fosse attenuato, minore rispetto ad altre nazioni e ad altri popoli di maggior lignaggio.

Mi domando perché la prima richiesta delle piazze e dei politici che le sostengono non sia il rilascio degli ostaggi: quelli sì vittime sicuramente innocenti, predate in un atto di banditaggio senza onore.

Mi domando perché la seconda richiesta non sia quella, rivolta al mondo arabo, di riconoscere con chiarezza il diritto all'esistenza di Israele e spezzare una volta per tutte il legame materiale, politico e psicologico con i terroristi di Hamas e delle formazioni collegate, che hanno anche dichiarato che non vogliono assolutamente la soluzione dei due stati e due popoli.

Mi domando perché Hamas non sia riconosciuto come un oggettivo pericolo per l'intero Occidente, come a suo tempo successe con l'Isis o Al Qaeda. Forse perché uccide «solo» ebrei, per adesso, e non anche cittadini francesi, spagnoli, americani?

Nel Giorno della Memoria questi interrogativi sono ineludibili, ed è dovere di ciascuno scegliere la sua risposta e assumersene la responsabilità. Sarebbe, oltretutto, il solo modo per affrontare con onestà la questione palestinese, prigioniera di bande terroriste che usano un popolo allo stremo come alibi e scudo per le loro folli suggestioni di potenza.

La compassione per quel popolo è un sentimento che rende oggi più che mai attuali le parole pronunciate da Golda Meir nel lontano 1972: «Una possibilità di pace esisterà quando gli arabi dimostreranno di amare i propri figli più di quanto odino noi».

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