Ormai sembra ineluttabile la nascita del cosiddetto «campo largo» a sinistra. A parte i centristi, alla Festa dell'Anpi si sono ritrovati tutti a cantare «Bella ciao», dalla Schlein passando per Fratoianni fino a Conte. Senza contare che l'Italia ha fatto scuola: il fronte repubblicano che in Francia mette insieme al secondo turno elettorale con un accordo di desistenza centristi e sinistra ne è un'edizione transalpina riveduta e corretta. E come in Francia dove il filo-occidentale e anti-putiniano Macron si ritrova dalla stessa parte dell'anti-Nato e simpatizzante dello Zar Melenchon, anche da noi le contraddizioni si sprecheranno: i centristi Renzi e Calenda, se dovessero aderire, si ritroveranno non solo con Elly Schlein, e qui i problemi non sono insormontabili visto che sono uniti dalle comuni origini nel Pd, ma anche con Fratoianni e Salis che hanno mostrato una certa allergia verso la proprietà privata, Bonelli che si è inventato il reato di negazionismo climatico e i 5stelle che propugnano un pacifismo che volontariamente o meno finisce per fare il gioco del Cremlino. Più una serie di movimenti che confondono la difesa del popolo palestinese con l'antisemitismo.
Detto questo, nulla di nuovo sotto il sole: in fondo l'Ulivo - meno - e l'Unione - che mise insieme Mastella e Bertinotti molto di più - sono state esperienze simili. E non va dimenticato che sono state le uniche volte in cui la sinistra ha vinto nello strano bipolarismo italiano. Alla base c'è quel calcolo che il pragmatismo di Silvio Berlusconi sintetizzò in una frase efficace quanto vera quando nel lontano 1994 ebbe l'ardire di creare un'alleanza indiretta tra il nazionalismo di Alleanza Nazionale di Fini e l'autonomismo estremo della Lega di Bossi per evitare che gli eredi del Pci andassero al governo: «Prima si vince e poi si vede».
Per cui la destra fa male a cullarsi sull'idea che non potranno mai stare insieme per le loro contraddizioni e le loro incompatibilità, perché alla fine «il campo largo», è nelle cose, nascerà. Poi magari durerà poco o andrà avanti tra mille conflitti (come le esperienze precedenti), ma intanto potrebbe raggiungere lo scopo per cui è nato: in Francia fra una settimana per evitare che la destra di Le Pen formi un governo; in Italia con l'obiettivo di mandare il centrodestra all'opposizione nella prossima legislatura. Non è un vasto programma ma un unico punto di incontro che serve all'uopo. «La Meloni - osserva Piero Fassino, che a parte gli infortuni nella vita privata ha sempre una mente lucida in politica - sta sbagliando a sottovalutare quello che sta avvenendo da noi e in Francia. Non è detto neppure che una cosa del genere non avvenga anche negli Stati Uniti. In più in Italia siamo favoriti anche dal fatto che non abbiamo un Melenchon con il suo radicalismo».
Per cui il centrodestra per evitare che anche questa esperienza di governo si limiti ad una legislatura com'è tradizione nel bipolarismo italiano (non c'è maggioranza di governo che abbia mai vinto le elezioni successive) dovrebbe già ora cominciare a ragionare sul da farsi. Le riforme varate dal governo possono essere un'occasione, ma anche avere un effetto opposto, trasformarsi nel volano che potrebbe far decollare «il campo largo», dandogli l'opportunità già di manifestarsi in questa legislatura in una campagna referendaria (premierato): probabilmente gli slogan sarebbero gli stessi che il Fronte Repubblicano già ora usa contro la Le Pen. La vera questione è puntare ad allargare il consenso e magari togliere al «campo largo» quei pezzi di centro che possono trasformarsi nelle foglie di fico che nascondono il radicalismo del resto della comitiva.
Osserva il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo: «La situazione in prospettiva può diventare complicata.
Lo faranno sicuramente il campo largo e noi ci stiamo già giocando adesso le prossime elezioni. Dobbiamo allargare la nostra base elettorale e in questo Forza Italia è decisiva. Ma per questo Tajani non può circondarsi solo di yes men».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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