Studenti terroristi? No, soltanto viziati

C'è chi paragona le proteste in corso nei campus americani a quelle del 1968 contro la guerra in Vietnam, ma non trovo la similitudine azzeccata

Studenti terroristi? No, soltanto viziati
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Gentile Direttore Feltri,

il presidente del Senato Ignazio La Russa, in occasione del 25 aprile, ha lanciato una sorta di allarme circa la possibilità che risorga nelle università il terrorismo rosso. Qualche giorno dopo, in effetti, è esploso il caos nei campus statunitensi.

Come spesso accade, certe correnti, come certe mode, dagli Usa arrivano in Europa, quindi in Italia. Non si presagisce nulla di buono. Lei crede che a breve potremo ritrovarci a vivere una nuova stagione di terrore?

Simone Invernici

Caro Simone,

secondo me, questi studenti sono sopravvalutati. C'è chi paragona le proteste in corso nei campus americani a quelle del 1968 contro la guerra in Vietnam, ma non trovo la similitudine azzeccata. Peraltro, vorrei rammentare agli smemorati che allora gli americani combattevano in Vietnam, venivano uccisi e uccidevano. Da qui la ribellione. Nel caso attuale e specifico della Palestina nessun soldato americano ha perso la vita sulla striscia di Gaza. Gli USA non sono in guerra, non sono coinvolti direttamente e neppure indirettamente. E dirò di più: il presidente Biden, che nemmeno mi piace, ha mostrato equilibrio nel condannare una risposta sproporzionata ed eccessiva del governo israeliano, quindi non si può sostenere che il governo americano stia incitando Israele a spargere sangue in risposta all'attacco del 7 ottobre scorso. Peraltro gli americani sono impegnati in attività e interventi di tipo umanitario a favore dei palestinesi. Ecco perché non comprendo la ratio di queste insurrezioni.

A mio avviso, gli universitari che stanno occupando le facoltà oltreoceano non sono che ragazzini viziati, con una visione distorta della storia, resa malformata senza dubbio da un ideologismo di cui sono imbottiti e nutriti. Non sanno nemmeno di cosa stanno parlando. Si considerano «pacifisti» e ritengono che esserlo significhi stare dalla parte della Palestina

vittima, dei musulmani martiri dell'Occidente, la stessa Palestina che è dominata da un regime totalitario islamico. Da questo essa dovrebbe essere innanzitutto liberata. Ma questo nessuno di codesti baldi giovani lo specifica.

Non preoccuparti. L'incendio non si espanderà in Europa. Cioè, arriverà qui ed è già giunto, ma si tratterà di piccoli focolai, falò destinati a spegnersi rapidamente. Insomma, nessun rischio sussiste che possa aprirsi una nuova stagione di stragi. Del resto, questi ragazzi qui non sarebbero capaci neppure di organizzarsi. Al massimo sono in grado di organizzare un giro di pizza il sabato sera. E poi, ad una certa, devono fare l'apericena, figurati se fanno la guerriglia, che è così faticosa. I ventenni di oggi sono soprattutto rammolliti: gli togli lo smartphone e si sentono persi e cominciano a piagnucolare.

La Statale di Milano è il tempio delle teste di cavolo, quelle stesse teste che negli ultimi mesi hanno occupato i locali dell'Università, inclusi quelli del rettorato, per alzare la voce contro quello che chiamano «patriarcato», o contro quello che definiscono «genocidio» in corso a Gaza. Ricordo quando, lo scorso autunno, contro il caro-affitti occuparono un edificio intero, rendendo la vita impossibile ai residenti della zona.

Insomma, questi giovanotti

ascoltano quattro scemate proferite in tv da personaggi di sinistra e provano a fare gli eroi per un giorno o al massimo due. Poi si stufano.

Del resto, nelle università ho incontrato più stupidi che nei giornali. Anche ai miei tempi abbondavano. E siccome gli idioti a volte da innocui possono divenire pericolosi, un timore ce l'ho persino io: che l'antisemitismo, di cui ormai da mesi vediamo rigurgiti, si espanda e che esso venga giustificato e reputato normale, come accadde parecchi decenni addietro.

Sarebbe il segno del fallimento dello Stato, della famiglia, della scuola, dell'Università, di quelle istituzioni che evidentemente non sono riuscite a trasmettere alle ultime generazioni né la memoria storica di una ferita che riguarda l'umanità intera né la consapevolezza che chiedere la pace esortando all'odio non fa altro che dare origine ad altra violenza.

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