La tempistica del possibile «costruttore» Lorenzo Cesa azzoppato da un'inchiesta in odore di ndrangheta era già suonata strana all'epoca, in quei giorni di fine gennaio quando il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri rivelò che l'allora segretario Udc era indagato per associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso. Tutto per un pranzo romano al quale Cesa avrebbe preso parte nel 2017 con un esponente calabrese dell'Udc e un imprenditore, Antonio Gallo, che era al centro dell'inchiesta catanzarese «Basso profilo». In quei giorni Cesa era appunto al centro delle manovre politiche nazionali, con la ricerca di stampelle per un Conte-ter dopo la caduta del governo giallo-rosso che sembravano puntare proprio sull'Udc. Poi la botta giudiziaria, e il povero Cesa che si dimette. Giorni fa si era tornato a parlare di quell'episodio grazie all'ultima fatica letteraria di Bruno Vespa, «Perché Mussolini rovinò l'Italia (e come Draghi la sta risanando)», nella quale il giornalista racconta che il blitz della procura che interruppe le trattative fu seguito dalla visita a casa Cesa di uno 007, «un importante agente segreto scrive Vespa - che (Cesa, ndr) conosceva da tempo e che gli avrebbe detto, più o meno: non preoccuparti, questa storia si risolve, ma cerca di comportarti con saggezza».
E ieri è arrivata la notizia dell'archiviazione per l'ex leader Udc. Per il gip Valeria Isabella Valenzia mancano «elementi sufficienti in merito alla riconducibilità agli indagati dei reati ipotizzati e più in generale in ordine a un loro fattivo coinvolgimento nei fatti oggetto di indagine». Insomma, una bolla di sapone. Ma l'assessore siciliano alle Attività produttive Mimmo Turano ricorda come restino «amarezza e dubbi su una vicenda che ha influito pesantemente sulla vita personale del segretario dell'Udc e in qualche maniera sulle vicende politiche nazionali», mentre il senatore e presidente Udc Antonio De Poli si dice felice per l'esito.
«Mai dubitato della condotta del nostro segretario», esulta la senatrice Paola Binetti, ricordando come l'inchiesta abbia colpito «il segretario di un partito che stava provando a tessere alleanze al centro» proprio durante la «transizione da Conte a Draghi». «Oggi chiosa infine il presidente di Verde è popolare Gianfranco Rotondi termina una umiliazione surreale».
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