Prodi? Davvero? Ancora lui? Eppure sembrava sparito, rientrato nei ranghi, quasi rassegnato dopo che beppe grillo l'aveva silurato. «La sola idea mi fa inorridire». Invece rieccolo in pista, pronto, dicono, ad essere votato da sinistra Pd, da Sel e pure dai Cinque stelle che, pare, avrebbero cambiato idea. Grandi manovre, piccoli cabotaggi. Ma la domanda è: il prof ha delle possibilità reali, o è soltanto fumo, un colpo di coda del duo Fassino-Civati?
Da Re Giorgio all'Impero Romano, il passo infatti è molto lungo. Il Professore tace da qualche giorno e, ufficialmente, nessuno lo sta candidando. Ma la minoranza democratica, sconfitta sull'Italicum, vuole prendersi la rivincita, o almeno condizionare pesantemente la scelta di Matteo Renzi per il Colle. Dice Stefano Fassina: «Noi siamo persone serie, a differenza di quelli che oggi ci chiedono disciplina e che due anni fa hanno capeggiato i 101 che impallinarono Prodi». Cioè chi? «Non è un segreto, Renzi». Fassina, che vuole «mandare un segnale» contro il Patto del Nazareno, sostiene quindi che c'è una ferita da sanare con Prodi e che «la disciplina» di partito non è assicurata.
Per Rosi Bindi «al Quirinale serve un presidente della Repubblica lontano dal governo», anche se a Palazzo Chigi siede il segretario del suo partito. Se poi si aggiunge che Grillo e Casaleggio invitano il premier «a presentare una rosa di nomi», il cerchio si chiude.
La mossa tattica è sempre la stessa, votare Prodi nei primi scrutini, sperando che si accodino i grillini, i fittiani e tutti quelli contrari al Patto, per mettere Renzi di fronte al fatto compiuto: se l'ex presidente della Commissione europea raccoglie 150 voti, come farà Matteo a non convergere? E Prodi, ci starebbe? «Lui non vuole essere messo in mezzo - sostiene Sandra Zampa, deputata Pd e sua storica portavoce - Certo, se glielo chiedessero per spirito di servizio...». Sì c'è proprio una ferita da sanare. «Fassina ha ragione - dice la Zampa - nel complotto c'erano anche i renziani».
Resta da vedere quanti dei 140 parlamentari del Pd contrari alla nuova legge elettorale, in subbuglio da martedì, andranno fino in fondo. Pier Luigi Bersani sembra prendere le distanze dai più facinorosi. «Renzi capo dei 101? Ci vorrebbero i servizi segreti per scoprirlo. La situazione comunque ora e migliore rispetto al 2013 e io sono un tipo leale». Il grosso della minoranza difatti preferisce puntare le sue fiche su Giuliano Amato, uno dal profilo forte, in grado di bilanciare lo strapotere di Palazzo Chigi. Il Dottor Sottile, sostenuto energicamente da bersaniani e dalemiani, sponsorizzato da Usa, Europa, Napolitano, mandarini vari, è anche nella lista di Berlusconi insieme a Casini e alla Finocchiaro. Amato, secondo alcuni calcoli, è anche sulla carta il candidato più forte, quello che al quarto scrutinio può farcela con minori patemi, con 570-600 voti.
Però, tra i tanti fatti finora, è pure il personaggio che meno si addice a Renzi, che ha fatto del cambiamento il suo brand .
Amato, noto al grande pubblico per il prelievo forzoso sui conti correnti e per la tante pensioni, situazione che sta sanando, non è in cima agli indici di gradimento. E a Davos il premier ha spiegato che cerca un capo dello Stato «popolare». Dunque, non Amato. Così Anna Finocchiaro, Pier Ferdinando Casini e Sergio Mattarella continuano a sperare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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