«Ognuno a casa sua». E' questo il mantra che da giorni gira nelle chat dei parlamentari di Impegno Civico, il partito nato con la scissione del ministro degli Esteri Luigi di Maio (nel tondo) dal Movimento 5 stelle e che si appresta a correre alle prossime elezioni politiche in un'alleanza con il Partito democratico.
Il mantra viene ripetuto anche nelle riunioni tra i parlamentari e il capo politico. Cosa significa? Vuole dire che i parlamentari uscenti, circa una sessantina, non vogliono concedere «corsie preferenziali» ai vertici di Impegno Civico, che nel frattempo si è federato con Centro Democratico di Bruno Tabacci.
Il messaggio pare abbia tre destinatari: Luigi Di Maio, Vincenzo Spadafora e Laura Castelli. Gli onorevoli (ex grillini) uscenti temono che il ministro degli Esteri possa beneficiare, insieme ai due fedelissimi Spadafora e Castelli, del paracadute lanciato da Enrico Letta. «Si combatte e si muore (eventualmente) insieme», confida un deputato di Impegno Civico al Giornale. Qual è il timore? Spadafora, Castelli e Di Maio potrebbero essere candidati in collegi uninominali blindati. E soprattutto fuori dalla propria regione di appartenenza. Emilia, Toscana, Trentino? «Non importa dove. Non deve passare il principio della corsia preferenziale», ribadisce la fonte Ipc. La richiesta consegnata al leader di Maio è abbastanza chiara: ognuno si ricandidi nel proprio collegio. D'altronde era una regola principe del Movimento. Anzi, tutti gli eletti dovevano sottoporsi, a metà legislatura, alla ghigliottina del giudizio dei propri elettori. Di Maio? I parlamentari di Impegno Civico pretendono che sia candidato nel collegio di Pomigliano d'Arco. A casa sua. Nella terra dove è stato eletto quattro anni fa. «Nessuna fuga al Nord», avvertono. Spadafora? «Si ricandidi nel collegio di Casoria dove è stato eletto nel 2018». E così per Laura Castelli e Sergio Battelli. Insomma, ognuno a casa sua. Tutti a combattere sul fronte. Nel frattempo ieri Tabacci e Di Maio hanno depositato il simbolo negli uffici del Viminale. La protesta è accompagnata da una minaccia: «Se Di Maio non si candida a Pomigliano rifiuteremo le candidature nel listino al proporzionale», fanno sapere gli ex Cinque stelle, oggi confluiti nel gruppo Impegno Civico. Il rischio è che la lista salti. Per mancanza di candidati. Esito che potrebbe rivelarsi addirittura in un assist al ministro degli Esteri. Che a quel punto avrebbe gioco facile per chiedere a Letta il diritto di tribuna. I compagni di viaggio del ministro degli Esteri non ci stanno a essere gli «agnellini sacrificali» per salvare la poltrona a Spadafora, Castelli e Azzolina. Il 3%, la tagliola fissata dalla legge elettorale per entrare in Parlamento, è un obiettivo lontanissimo per Impegno Civico. Di Maio prova a motivare la truppa: «Impegno civico andrà oltre il 3% e ci sarà spazio per tutti quelli che vorranno correre nelle liste. Ci poniamo come coloro che intercettano il voto moderato, con un partito fatto Di proposte, pragmatismo e concretezza» arringa nell'intervista al Corriere della Sera.
Ma sul collegio non si sbilancia: «Dove mi candiderò? Oggi e domani ci rechiamo al Viminale per presentare i contrassegni. Poi nelle prossime ore avrete tutte le informazioni». Per lui hanno già scelto i suoi parlamentari: Pomigliano d'Arco. D'altronde non si scappa: «Ognuno a casa sua».
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