È come se fosse saltato il tappo, o addirittura il coperchio del politically correct che impedisce di dire che ciò che non va (e naturalmente anche ciò che va) nell'amministrazione della giustizia. Così, se molti non firmano perché ancora non se la sentono di rompere con convinzioni consolidate e con l'«o di qua o di là» che è nella natura politica italiana, purtroppo e spesso al di là delle questioni di merito, c'è chi ha scelto di schierarsi. È il caso di Guido Bertolaso, vittima di un'inchiesta su massaggi e altro conclusasi sostanzialmente in poco o nulla, che forte dei suoi successi alla Protezione civile e alla Sanità lombarda, dichiara: «La riforma della giustizia è la madre di tutte le battaglie».
Così eccolo a firmare i sei referendum promossi da Radicali e Lega, insieme a una compagnia solo apparentemente eterogenea: l'ex sindaco di Roma Gianno Alemanno e Giuseppe Valentino, presidente della Fondazione An. È chiaro che le firme hanno in comune una connotazione di centrodestra, ma anche esponenti della sinistra riformista hanno fatto altrettanto e hanno deciso di dir ciò che non va nella giustizia. Non significa dire che tutto va male, tutto il contrario: l'obiettivo è cercare di isolare chi ha portato la magistratura a diventare un punto interrogativo nel giudizio dei cittadini.
Bertolaso teme che la «riforma Cartabia» (o il compromesso Cartabia, come ha precisato la Guardasigilli, che ha ricordato come la sua riforma sia già stata fortemente modificata dalle proposte emendative di tutti i partiti) sia a rischio affossamento per mano dei franchi tiratori che si nascondono alle Camere e invita tutti i cittadini a mobilitarsi per firmare i sei referendum promossi da Radicali e Lega. Con lui Alemanno e Valentino. Bertolaso teme i «franchi tiratori» e invita: «Diamo la parola al popolo».
Aggiunge: «Mi auguro che non ci siano più camarille di diverso genere, che decidono a tavolino chi deve essere massacrato solamente perché è diventato ingombrante, antipatico, scomodo o comunque difficile da gestire».Alemanno critica: «La riforma della Cartabia è confusa». Può darsi che anche la ministra della Giustizia, costretta a modifiche e cambiamenti, alla fine sia d'accordo con lui.
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