Continuano gli sforzi per liberare Alessia Piperno, la trentenne italiana arrestata mercoledì scorso a Teheran, rinchiusa nel carcere di Evin a nord della capitale iraniana, famosa struttura penitenziaria nota perché usata dalle autorità iraniane per rinchiudere detenuti politici e oppositori. A Evin è stato incarcerato, ad esempio, il noto regista Jafar Panahi. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha avuto una conversazione telefonica con l'omologo iraniano Hossein Amirabdollahian durante la quale si è discusso delle «relazioni bilaterali e degli ultimi sviluppi». Non si è parlato del caso di Alessia Piperno, ma nel corso della telefonata il rappresentante di Teheran ha espresso «insoddisfazione per le posizioni e gli interventi di alcuni funzionari europei» in merito alle proteste che scuotono la Repubblica islamica. Insomma, un messaggio sibillino lanciato dal regime. Ed è Amnesty che chiarisce: molto dipenderà dal capo d'accusa che il governo iraniano imputa ai prigionieri politici che finiscono nelle carceri della Repubblica islamica, dove da una settimana è detenuta anche Alessia Piperno, che può andare «dalla minaccia contro la sicurezza nazionale, alla propaganda, fino allo spionaggio». «L'Iran ha detto di aver arrestato nove stranieri che avrebbero preso parte alle manifestazioni», spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International. Noury ha anche spiegato, sulla base dei vari episodi negli ultimi anni, che in genere dopo un arresto i processi sono preceduti da lunghi periodi di interrogatori, poi viene formalizzata l'accusa per un processo rapido fino alle fasi successive dell'appello e l'eventuale condanna. Quest'ultima varia dai 10 anni, nel caso del reato di propaganda contro il sistema fino alla pena di morte nei casi più gravi di spionaggio. «Non c'è però una certezza - aggiunge il portavoce di Amnesty - sulla permanenza in un carcere, soprattutto per i prigionieri stranieri, che spesso diventano uno strumento di pressione negoziale nei confronti dell'altro Paese, contro il quale avanzare determinate richieste». Alessia Piperno è stata «presa in ostaggio» dalle autorità di Teheran, che con il suo arresto «vogliono spaventare i Paesi che sostengono il popolo iraniano», ha ammesso in una intervista ad Adnkronos la scrittrice e poetessa iraniana Bita Malakuti che vive a Praga, e che nei giorni scorsi è stata ospite al Festival di Internazionale a Ferrara. «Potrebbe essere rilasciata presto, ma potrebbe anche essere accusata di spionaggio e condannata a una lunga pena detentiva», avverte Malakuti. «Eravamo una generazione di codardi, umiliati e stremati, invece questa generazione è la generazione di Internet e dei satelliti. Coraggiosa e da ammirare. Non hanno paura». Nel Paese le proteste non si fermano. La magistratura iraniana ha aperto un'inchiesta sul caso dell'adolescente Nika Shakarami, 17 anni, 8 persone sono state arrestate in relazione alla morte della giovane e la famiglia avrebbe ritrovato il corpo.
Diverse attrici francesi, come Juliette Binoche, Marion Cotillard, Charlotte Gainsbourg si sono tagliate i capelli sulle note di «Bella Ciao» per solidarizzare con le donne iraniane.
Lo stesso stanno facendo donne italiane, tra loro Claudia Gerini e Luciana Littizzetto. A Milano davanti al consolato della Repubblica Islamica dell'Iran è apparso un murale con Marge Simpson che dà un taglio alla sua chioma blu per protesta.
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