Il debito pubblico italiano volerà al 159,7% del Pil nel 2021. La stima è contenuta nell'aggiornamento del Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale, secondo cui il dato 2020 si dovrebbe attestare al 157,5%. Un macigno che impone al governo (qualunque esso sia) di stabilizzare i conti pubblici, cioè aumentare il prelievo fiscale.
Il responsabile del dipartimento Affari fiscali dell'Fmi, Vitor Gaspar, infatti, ha invitato il nostro Paese a usare le risorse del Recovery Fund «per finanziare progetti di alta qualità in grado di rafforzare le prospettive di crescita e accelerare la riduzione del debito». Il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha aggiunto che «nella revisione delle nostre regole fiscali affronteremo il problema del debito elevato e dei bassi tassi di interesse».
Un orientamento al quale si è allineato il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, sostenuto dal direttore delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, che hanno circostanziato come si intende procedere in tema di riforma fiscale. «L'idea di tassare le partite Iva per cassa è una ipotesi per imprese minori e lavoratori autonomi, con il superamento contestuale dell'attuale sistema di acconti e saldo, nonché della ritenuta d'acconto per i professionisti», ha precisato Ruffini aggiungendo che «la riforma potrebbe essere estesa mano a mano ad una platea di contribuenti più ampia attraverso il superamento degli ammortamenti e altre voci contabili per competenza: di fatto verrebbe tassato quello che rimane in tasca al contribuente».
Ma che cosa significa questo cambiamento, tra l'altro in vigore dal 2017 per le categorie professionali? In pratica, si versa a scadenze prefissate (presumibilmente mensili) l'imposta sulla base della differenza tra ricavi e costi. Aumenteranno, però, i costi per partite Iva e piccole imprese già piegate dalla crisi Covid. «L'Agenzia delle Entrate conosce in tempo reale i dati di emissione delle fatture, ma non sa se esse siano state incassate o meno», spiega l'esperto fiscalista Gianluca Timpone, sottolineando che «questo nuovo regime dovrebbe comportare un adeguamento per il sistema bancario che dovrebbe comunicare alle Entrate lo stato degli incassi». Chi ci guadagna, dunque? «L'Erario potrebbe così sopperire al mancato incasso degli acconti, posposto o eliminati causa pandemia», conclude.
Il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha tuttavia confermato che nel dl Ristori 5 sarà previsto «il rifinanziamento del fondo per gli autonomi e i professionisti istituito in legge di Bilancio, in modo da garantire loro un anno bianco contributivo». Si tratta, secondo quanto già anticipato, di 2,5 miliardi destinati a prpfessionisti con ricavi fino a 50mila euro che abbiano subito perdite di fatturato almeno del 33 per cento.
Gualtieri ha invece ribadito che il governo sta lavorando a «uno scaglionamento dell'invio delle cartelle fiscali in scadenza al primo febbraio in modo da alleggerire la pressione sui contribuenti», nonché «alla riduzione degli importi di alcuni atti per i soggetti che hanno subito un calo di fatturato a causa della pandemia». Il dl Ristori sarà imperniato su questo tema e non sui rimborsi. Ruffini, infine, ha confermato che il magazzino crediti delle Entrate ha toccato quota 1.000 miliardi di crediti di difficile riscossione.
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