È allarme profughi-jihadisti: "Arrivi in Italia per colpire l'Ue"

Arrestati tre tunisini: i legami con Amri, l'attentatore di Berlino. Negli sbarchi anche soggetti vicini agli islamisti

È allarme profughi-jihadisti: "Arrivi in Italia per colpire l'Ue"

L'ombra dell'Isis su un'organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina con proiezione transnazionale.

La polizia, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona, ieri ha fatto scattare 44 perquisizioni in tutta Italia, che hanno portato all'arresto di due tunisini, mentre per un terzo sono stati disposti gli arresti domiciliari. Diciotto le persone indagate a vario titolo, ma ce ne sono altre 26 tra le province di Macerata, Ancona, Fermo, Ferrara, Catanzaro, Modena, Sicacusa e Verona che fornivano appoggio ai criminali e che sono finite nel mirino degli agenti della Digos di Roma e Macerata e della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione.

L'operazione «Wet Shoes» ha preso il via dalle indagini connesse all'attentato terroristico perpetrato il 19 dicembre 2016 a Berlino dal tunisino Anis Amri, che alla guida di un camion polacco si «lanciò» nel mercatino di Natale di Breitscheidplatz, investendo la folla e provocando 12 morti e 56 feriti.

Purtroppo, ancora una volta, questa inchiesta dimostra che in Italia le maglie della sicurezza sono troppo larghe, al punto che l'organizzazione criminale smembrata ieri, grazie a una fitta rete di complici, tra cui titolari di aziende e pubblici ufficiali e perfino un Caf maceratese, era in grado di gestire l'approdo clandestino sulle coste della Sicilia di stranieri, in prevalenza nord africani, ma non solo questo. I ,igranti ricevevano anche supporto logistico e coperture per ottenere la documentazione necessaria per il trasferimento su tutta l'area Schengen. Vantaggi, ai quali erano interessati gli stessi combattenti impegnati in teatri di Jihad interessati a colpire l'Europa. Proprio per questo, gli investigatori stanno compiendo accertamenti economici sui tre tunisini fermati, allo scopo di capire se i proventi dell'immigrazione clandestina servissero a finanziare anche attività terroristiche.

Nel corso delle indagini la Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona ha scoperto anche l'esistenza di un casolare nelle campagne della medesima provincia, meta abituale degli stranieri che giungevano in Italia in stato di clandestinità.

L'operazione «Wet shoes» prende il nome da una conversazione intercettata dagli inquirenti nel corso di uno sbarco di clandestini avvenuto a Mazara del Vallo, nella quale uno dei sodali ammette di aver paura di un eventuale controllo da parte delle forze di polizia, perché gli stranieri appena sbarcati hanno ancora «le scarpe bagnate».

Ma in realtà il risultato di ieri è stato possibile grazie agli sviluppi investigativi sul terrorista Anis Amri, che era giunto in Italia via mare proprio dalla Tunisia e si era spostato in Germania usando documenti di identità italiani. Le indagini consentirono allora di ricostruire la rete relazionale italiana dell'attentatore, con particolare riguardo al periodo in cui aveva soggiornato tra Roma e Latina e nel corso dell'operazione «Mosaico», il 29 marzo 2018, vennero arrestati cinque tunisini, uno dei quali per il reato di auto-addestramento con finalità di terrorismo, ed era stata interrotta l'attività di diversi soggetti dediti alla falsificazione di documenti nelle città di Napoli e Caserta.

Nella successiva costola di inchiesta, chiamata «Mosaico II», nel maggio 2020 erano finiti dietro le sbarre dieci tra italiani e stranieri, attestati sulla dorsale campana. Infine «Mosaico III» nel giugno 2022 si era conclusa con tre nuove misure cautelari e un mandato d'arresto europeo nei confronti di uno straniero che era fuggito in Olanda.

Ma i blitz di ieri dimostrano che il capitolo è tutt'altro che chiuso se trafficanti di uomini e terroristi, con l'ausilio di imprenditori e titolari di aziende italiani, sono in grado di fornire documenti falsi e alloggi a clandestini, spesso troppo vicini all'Isis.

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