Allarme spread: sale a quota 173 e torna ai livelli di agosto 2014

L'iperattivismo di Mario Draghi aveva impolverato lo spread, degradandolo quasi a una reliquia del passato. Ma ora quella polvere rischia di essere soffiata via, scoprendo le vulnerabilità dell'Italia in un contesto internazionale reso più complicato dall'elezione di Donald Trump. Ieri il differenziale tra il Btp e il Bund tedesco si è arrampicato fino a 173 punti. Non accadeva dall'agosto 2014, quando ancora non c'era lo scudo della Bce col suo quantitative easing. Ma, rispetto al passato, la risalita del differenziale di rendimento non è legata a un calo dei tassi tedeschi, che anzi stanno crescendo contestualmente a quelli dei nostri Buoni poliennali, come dimostra il salto di ieri del decennale oltre la soglia del 2%. Il Tesoro continua del resto a collocare titoli a costi crescenti. Dopo le aste di ieri il Btp a 3 anni rende lo 0,30%, quello a 7 anni l'1,37% e oltre il 3% la scadenza a 30 anni.

È da qualche settimana che la curva dei rendimenti ha preso a salire un po' ovunque per effetto delle attese di un ritorno dell'inflazione. Aspettative che il prossimo arrivo di Trump alla Casa Bianca ha rafforzato. La politica economica espansiva del tycoon Usa dovrebbe portare infatti a un generoso allargamento del deficit accompagnato, secondo alcuni analisti, da una serie di rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve. Altri, tuttavia, ritengono che l'alto livello di indebitamento degli Usa non permette di sopportare strette alla politica monetaria, pena una recessione mondiale e un crollo dei mercati. E che il barometro dell'avversione al rischio non si misura con l'andamento di Wall Street, bensì con quell'estrema debolezza delle valute asiatiche che ha costretto a intervenire ieri le banche centrali di Indonesia, India, Malaysia e Singapore.

Quadro delicato in cui le tensioni sullo spread riflettono anche le incertezze sull'esito del referendum del prossimo 4 dicembre, il braccio di ferro tra Matteo Renzi e la Commissione europea e la debolezza congiunturale italiana, peraltro messa in luce anche dal taglio delle stime di crescita deciso da Standard&Poor's.

Nessuno osa sfidare la Bce, in attesa che nella riunione di dicembre Draghi faccia luce sul destino del piano di acquisto titoli. Ma in caso di ritirata dal Qe, a partire da marzo 2017, per l'Italia sarebbero dolori.

RPar

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