Prima di diventare ministro, Pier Carlo Padoan era capo economista dell'Ocse. E proprio dall'organismo che riunisce a Parigi i paesi più industrializzati arriva una doccia fredda sui conti pubblici. Quest'anno la crescita italiana si fermerà all'1 per cento. Vale a dire lo 0,6% in meno, rispetto alle previsioni fatte da Padoan. Questo mancato aumento si tradurrà in un appesantimento del rapporto deficit/Pil: salirà dal 2,2 al 2,5%. In altre parole, si ridurrà il miglioramento dell'indebitamento fra un anno e un altro. Che il patto di Stabilità impone nello 0,5 per cento all'anno.Ma le brutte notizie non finiscono qui. La Corte dei Conti segnala che il governo rischia di avere «margini limitati di risparmi di spesa» nei prossimi anni. Eppure proprio all'efficacia della spending review sono condizionate le clausole di salvaguardia. In altre parole, la magistratura contabile ritiene che il governo non avrà margini di azione per evitare l'aumento dell'Iva e delle tasse sulla benzina. Mentre servirebbe un forte alleggerimento del carico fiscale complessivo. E sempre la Corte sottolinea che «rimangono incertezze» sul quadro economico generale.A Bruxelles conoscono bene le dinamiche del Pil interno, e sono ben coscienti delle difficoltà del governo a ridurre la spesa. Anche per queste ragioni la Commissione ha congelato il giudizio sulla legge di Stabilità. Il testo - secondo gli euroburocrati - non rispetta due trattati. Non onora il patto di Stabilità, in quanto non riduce il deficit come previsto. E non rispetta il Fiscal compact per quanto riguarda la dinamica del debito (l'avanzo primario previsto dal governo è un terzo di quello definito dal Trattato).Il ministero dell'Economia conta di attenuare le critiche europee dirottando l'attenzione su un position paper. Un documento scientifico con il quale il governo vorrebbe - nelle intenzioni - avviare una discussione sul futuro del Continente. Con un motivo di fondo: individuare soluzioni per andare oltre l'austerity. Questo testo, però, rischia di diventare altra benzina sul fuoco dei rapporti fra Renzi e la Commissione europea. Al ministero dell'Economia garantiscono che il testo verrà presentato la prossima settimana. Con un particolare. Per venerdì 26 febbraio è atteso a Roma Jean-Claude Juncker. E se il presidente della Commissione si trovasse pubblicato un documento che, formalmente, non è la posizione ufficiale (in quanto non comunicata a Bruxelles) ma ugualmente viene discussa, non la prenderebbe bene.A via XX Settembre ancora non lo sanno, ma Renzi penserebbe di aggregare intorno a questo position paper il consenso dei socialisti europei; e, magari, illustrarlo a marzo al vertice straordinario previsto a Parigi. Al momento, però, anche i socialisti europei iniziano a storcere la bocca di fronte alle posizioni di Renzi. Il presidente del Parlamento europeo, il socialista Martin Schulz, non avrebbe gradito gli attacchi del presidente del Consiglio alle banche tedesche. Così come Pierre Moscovici, commissario socialista Ue agli Affari economici, poco ha apprezzato le scelte di politica economica del governo italiano. Ne consegue che nel (serrato) confronto che dovrà ingaggiare l'Italia nei prossimi giorni, a Renzi rischia di venire meno il sostegno dei socialisti europei.
Dando per scontato che quello dei democristiani (Merkel e Juncker) è già stato immolato sull'altare delle banche e dei conti pubblici.Considerazioni che ieri e oggi verranno fatte nei corridoi del Consiglio europeo ma che non verranno a galla; anche per non offrire spazi di azione a Renzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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