Altri negoziati, poche illusioni. "Sul tavolo il cessate il fuoco"

Oggi i colloqui tra ucraini e russi, stavolta al confine tra Bielorussia e Polonia. Ma finora nessun progresso

Altri negoziati, poche illusioni. "Sul tavolo il cessate il fuoco"

Dopo una giornata di tira e molla, il rischio di una cancellazione dei negoziati, la notizia di un rinvio, le resistenze dell'Ucraina e le accuse della Russia, il secondo round di colloqui tra Kiev e Mosca si svolgerà oggi, pare al confine tra Bielorussia e Polonia, nella foresta di Biaowiea, regione di Brest, dove nel '91 il russo Boris Eltsin firmò con Kiev gli accordi di Belovezh, noti anche come Accordo di Minsk, che portò alla fine dell'Unione Sovietica. Identiche delegazioni del primo giro. Da una parte quattro inviati russi, guidati da Vladimir Medinsky, ministro della Cultura pronto a mostrare i denti, ma figura di secondo rango dell'entourage putiniano. Dall'altra il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, in prima linea mentre il Paese è ancora sotto offensiva russa e i bombardamenti su città e civili si sono intensificati.

È il bis dopo il primo giro di negoziati partito lunedì, al confine tra Bielorussia e Ucraina, nel Gomel, quando le due parti si sono incontrate per la prima volta dall'inizio dell'aggressione russa e hanno messo sul tavolo le loro condizioni. Mosca chiede un'Ucraina neutrale, smilitarizzata e il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea. Kiev vuole il cessate il fuoco immediato, il ritiro delle truppe russe e il rispetto dell'integrità territoriale dell'Ucraina. E aggiunge: «Non accetteremo ultimatum». Posizioni inconciliabili, che tali restano, mentre a causa dell'escalation di Mosca le autorità ucraine contano 2mila civili uccisi e la Russia 498 suoi militari morti, anche se Kiev e gli Usa ritengono siano circa 6mila.

«L'ipotesi di un cessate il fuoco sarà sul tavolo dei negoziati», confermava ieri il capo negoziatore di Mosca, Medinsky. La pressione sulla Russia sta crescendo. Le sanzioni picchiano sull'economia, l'Onu ha approvato la risoluzione che chiede la fine della guerra, i malumori montano nell'opinione pubblica russa. Anche Mosca potrebbe aver bisogno di una tregua. Ma i toni continuano ad alzarsi e le bombe a cadere. L'impressione è che Putin sia già troppo in ritardo con la sua agenda e che questa guerra, preparata da tempo, voglia portarla a compimento senza esitazioni, avendo dovuto già inghiottire il rospo della resistenza ucraina.

È in questo clima che si tengono i colloqui di oggi, confermati dall'Ucraina durante una turbolenta giornata in cui la delegazione di Kiev prima aveva nicchiato, poi credeva di poter sedere al tavolo a sera, ma ha incontrato «problemi logistici» per arrivare al confine e rinviato. Il timore è che si assista a un altro buco nell'acqua, che si slitti al massimo a un terzo round, mentre la guerra si intensifica.

La mattina era già partita nervosa. I negoziati erano previsti per ieri, ma dalla sera di martedì il presidente Zelensky aveva chiesto una condizione per tornare a sedere al tavolo: che le bombe sull'Ucraina si fermassero. I russi hanno continuato invece a martellare le città ucraine, pur non avanzando come immaginato da Mosca a causa della resistenza. Eppure - annunciava già a inizio giornata il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov - «la delegazione russa è pronta a continuare i colloqui». Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov confermava, salvo poi precisare provocatorio: «La delegazione ucraina sta prendendo tempo, in linea con le istruzioni degli Stati Uniti». D'altra parte Joe Biden, qualche ora prima davanti alle Camere Usa riunite per il discorso sullo stato dell'Unione, aveva definito Vladimir Putin «un dittatore». Mentre i colloqui già rischiavano di saltare, la tensione è salita nuovamente quando Lavrov, a proposito dell'alternativa offerta da Biden «sanzioni o guerra» ha avvertito che «la terza guerra mondiale sarebbe nucleare e devastante». Come alla vigilia del primo round di negoziati, Mosca mette sul tavolo la pistola - l'atomica - e prosegue con l'escalation.

Le speranze di una tregua sono flebili. Lo confermano le parole di Emmanuel Macron, che chiede lo stop alle armi e ammette: «I prossimi giorni saranno ancora più duri». Ma i negoziati restano un momento cruciale.

Possono dare segnali sulla strategia del Cremlino, perché anche i bluff sono rivelatori. Potrebbero far capire a Usa e alleati quanto il pressing su Mosca stia davvero funzionando. Oppure diventare solo il pretesto del Cremlino per schiacciare sull'acceleratore della guerra.

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