Altro che finita, la guerra durerà a lungo. E Mosca colpisce la centrale di Chernobyl

Putin ha avuto il via libera per proseguire l'aggressione. Zelensky ha tutte le ragioni per continuare a difendersi

Altro che finita, la guerra durerà a lungo. E Mosca colpisce la centrale di Chernobyl
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Al Cremlino brindano, e si capisce: Donald Trump sta facendo il lavoro per loro, come ha titolato un giornale moscovita senza tanti giri di parole. Abbandonare al suo destino l'Ucraina - e soprattutto il detestato Volodymyr Zelensky colpevole di aver flirtato con Joe Biden e Kamala Harris - era nel programma elettorale trumpiano. Adesso lui la chiama pace, ma è una resa alle pretese di Vladimir Putin, con il quale è sempre più chiaramente pappa e ciccia (vedi l'ultima sparata sul ritorno della Russia nel G7). E saranno cavoli amari non solo per l'Ucraina, ma per l'Europa tutta, Italia inclusa.

In questo clima cupo, c'è però modo di riscontrare un aspetto, se non comico, ridicolo. Tipico del provincialismo di tanto nostro giornalismo e di troppa nostra politica. Accendi la televisione, ascolti la radio, leggi i giornali (qualcuno ancora lo fa) e tutti, o quasi tutti, i commentatori parlano della guerra in Ucraina al passato. La danno per già finita, ovviamente col trionfo di quella «invincibile Russia» che in tre anni esatti di guerra non è in realtà riuscita a vincere (nemmeno al prezzo di oltre 800mila soldati tra morti e feriti) un bel nulla: i quattro quinti del territorio ucraino sono in mano a Kiev e il fronte tiene, sia pure a carissimo prezzo. La sbandierata avanzata, ai ritmi attuali, richiederebbe ai russi decenni per dichiarare la vittoria sul campo, ma non ne hanno i mezzi e lo sanno benissimo: da qui l'esultanza smodata a Mosca.

Ai nostri commentatori e politici sfugge un fatto importante. Non solo la guerra non è affatto finita, ma è lontanissima dal finire. Nessuno dei protagonisti ha interesse a fermarsi ora. Putin non ha alcuna fretta di incontrare Trump, perché da lui ha ricevuto un via libera di fatto a proseguire la sua aggressione cercando di presentarsi ai futuri colloqui di pace nella posizione di maggior forza possibile. Quindi accelererà le operazioni di guerra, anziché frenarle. Ha capito che la sua brutalità verrà premiata da Trump: andrà logicamente avanti così. Tanto che ieri un drone russo ha colpito l'ex centrale nucleare di Chernobyl. «Un attacco terroristico» secondo Kiev, in ogni caso un segnale chiaramente opposto a qualsiasi possibile fine delle ostilità.

Quanto a Zelensky, non ha una ragione al mondo per smettere di difendersi. Anche lui, in vista di negoziati dai quali potrebbe perfino essere escluso o ammesso come uno scocciatore, mira a conservare le posizioni più salde possibili. E se le condizioni fossero inaccettabili, non sarà tenuto a subirle. Ha armi occidentali per sei mesi almeno, produce ormai in casa le migliaia di droni con cui colpisce in Russia bersagli strategici come raffinerie, fabbriche e depositi d'armi, e blocca la flotta russa nei porti del Mar Nero.

C'è infine l'Europa, frastornata quanto si vuole ma motivata a continuare il sostegno militare a Kiev anche se a Trump dispiacesse (e gli dispiace). Ricordiamoci che il 60% delle armi occidentali fornite all'Ucraina arrivano dall'Europa e non dagli Stati Uniti, che ora pretendono di accordarsi con Putin lasciandoci fuori dalla porta.

Dunque i pacifisti da divano

italiani, quelli secondo cui difendersi da chi ti entra in casa col carro armato fa brutto e ci procura «stanchezza», stanno dimostrando troppa fretta. L'Ucraina non deporrà le armi solo perché Trump e Putin lo pretendono.

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