Roma Che commedia, la vita. Così alla fine si scopre che c'è un Romeo/anche per Matteo. E che, se il Giglio è corrotto, Renzi sarà infetto.
Mano a mano che l'inchiesta sulla Consip svela gli intrecci tra politica e affari, l'ombra lunga si protende sull'ex premier, i suoi familiari, gli amici e collaboratori più stretti. Ombra che non mancherà di spargere miasmi sulla prossima sfida per la guida del Pd. Anche e soprattutto perché lo sfidante principale, Michele Emiliano, si sta rivelando il peggior nemico in cui potersi imbattere. Ecco spiegato anche l'allarme renziano per le mancate dimissioni del governatore pugliese dalla magistratura.
Ma c'è di più: fin dagli albori dell'inchiesta su Consip, Emiliano sindaco di Bari fu uno dei principali accusatori del cosiddetto «sistema Romeo». Ne aveva la prova provata in casa, quando l'ente aveva aggiudicato alla Romeo Gestioni l'appalto per la sanità barese, e l'ex sindaco e magistrato sudò sette camice per liberarsene. Dichiarando poi che «quel modello non funziona» e, anzi, era «anche in parte pericoloso per la trasparenza e per la legalità dell'attività della PA». Riferendosi all'inchiesta della Procura di Bari sugli appalti truccati, Emiliano denunciò che «Consip ci aveva messo nelle mani una persona indegna e sotto indagine, noi non avevamo mezzo per liberarci di questo contraente». Quando la stessa domanda fu posta al ministero dell'Economia, dall'interpellanza del deputato grillino Luigi Gallo, 10 gennaio 2014 (governo Letta), il sottosegretario Legnini rispose che la sentenza su Romeo «non era passata in giudicato» ed elencò l'intero sistema dei controlli. Controlli assai insufficienti, se il «sistema Romeo» era noto da sempre, però mai la politica è stata capace di rinunziarvi.
Al punto che l'Anci presiduta da Graziano Delrio, nel 2013, affidò allo stesso Romeo la gestione delle riscossioni al posto di Equitalia, e che lunghissima è la lista dei gratificati dalle donazioni pro bono di Romeo. Finanziamenti leciti, sia chiaro, eppure resi opachi o sospetti dai successivi affari conclusi via Consip. Nell'interpellanza di Gallo, a seguito di una puntata di Report del 2 dicembre 2013, c'è l'elenco dei benificiari. Aveva «naso», Romeo, se nel 2013 aveva gratificato la fondazione Open Big Bang di Renzi con ben 60mila euro. Non era il solo, naturalmente, l'ex premier; 50mila era stato il finanziamento a Rutelli per le Comunali 2008 e 230mila a Zingaretti per le provinciali dello stesso anno; 98mila per i Ds nel 2006, 30mila per Latorre nel 2013 e così via, fino a Bettini (50mila) e An (40mila). Ce n'era per tutti, insomma. Tutti coloro che potevano essere ritenuti «interessanti» dal galante Romeo. Beppe Grillo sul suo blog ieri metteva il dito nella piaga: «Renzi era al corrente di questa donazione e sapeva benissimo chi fosse Romeo, all'epoca già condannato in primo grado... Non può starsene zitto, ha il dovere di dare delle spiegazioni... Il minimo che possa fare è tirare fuori il rendiconto di tutte le entrate della Fondazione».
Nel frattempo M5S chiedeva che Gentiloni vada a riferire in Parlamento sull'intera vicenda Consip, che ormai coinvolge i vertici dello Stato, passati e presenti. Con il rischio che il cerino resti però nelle mani dell'ultimo arrivato: lo spregiudicato Rottamatore. Il quale rischia, magari proprio per questo, di finire rottamato sì, ma dai carabinieri.
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