Uno dietro l'altro ormai si fatica a contare gli insulti rivolti a Matteo Salvini. Non solo di centri sociali e antagonisti, s'intenda. Al festival del democraticissimo dileggio del leghista si sono iscritti anche intellettuali (o presunti tali) e scrittori. Uno tra tutti il solito Roberto Saviano, noto per aver vergato la definizione di ministro della Malavita.
Contro l'inquilino del Viminale tutto sembra lecito. Leggittimato dall'antifascismo militante, dalla difesa dei migranti, dalla battaglia contro il (presunto) odio seminato dal Carroccio. Rapper, attori, vignettisti. Potremmo citare il "Salvinimerda" di Asia Argento, oppure il sempreverde Oliviero Toscani e quel suo "faccia da stupratore" riferito al ministro in prima pagina sul Time. Ma è inutile indugiare oltre con un elenco che potrebbe risultare pure noioso.
Gli insulti passano, sono le minacce a preoccupare. E spesso le due cose sono collegate. Gemitaiz (pare sia un rapper) augurò chiaramente "il peggio" al povero Salvini e poi confessò al mondo che se mai dovesse morire allora farà "una festa". Ma che bei modi. Metodi di per sé pericolosi, perché in grado di avviare una spirale pericolosa. Se il leghista diventa il nemico da abbattere, se è una "feccia", una "faccia da stupratore", una "merda" e via dicendo, non è detto che un giorno qualcuno non li prenda sul serio. E decida di dare il via alla "festa" di Gemitaiz.
In ambito antagonista l'odio chiama odio ed è alto il rischio di un'escalation di violenza. In Emilia Romagna qualcuno ha pure realizzato una schedatura degli avversari politici con nomi, cognomi e indirizzi. Un precedente pericoloso lo conosciamo: i tetri schedari redatti da Avanguardia Operaia negli anni di piombo. Allora i "compagni" misero insieme 10mila cartelle con foto e dati di presunti militanti neofascisti. E di attentati, morti e assalti non ne mancarono.
"Uccidere un fascista non è reato", urlavano gli antifa di allora. E lo stesso fanno i (finti) rivoluzionari di oggi. Solo che sulla forca invece dei fasci elevano Salvini e i leghisti in generale. In fondo lo hanno detto e fatto più volte: a Pavia ad aprile in un cartellone apparve la testa del ministro tagliata e impiccata a testa in giù; a Firenze hanno gettato un suo manichino nell'Arno. Solo provocazioni? No. Pericolosi precedenti che oggi sono arrivati al loro massimo: "Uccidere Salvini non è reato", hanno urlato gli studenti a Milano e Roma, bruciando le bandiere della Lega e impiccando un fantoccio del leghista. Orribile emulazione della caccia al fascista degli anni '70.
I "nipotini" (politici) dei firmatari del manifesto contro il commissario Calabresi dovrebbero sapere quali sono i rischi di una simile escalation. Ieri come oggi.
Per chi ha la memoria corta, a giugno in tre giorni vennero piazzati due ordigni di fronte ad altrettante sedi della Lega a Treviso. Mentre a ottobre in Trentino gli anarchici lasciarono una bomba in occasione dell'arrivo di Salvini.Occhio, perché ad armare la mano di qualcuno ci vuole poco.
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