Ci ha pensato Stéphane Séjourné, segretario generale di Renaissance, a chiudere la diatriba sulle reali motivazioni dell'aggressione a freddo arrivata giovedì scorso dal ministro dell'Interno francese, Gérald Darmanin.
Nelle ore successive allo strappo di Parigi, infatti, persino Palazzo Chigi e Farnesina sono stati su fronti diversi, con il nostro ministero degli Esteri a cercare di arginare lo scontro, perorando la causa dello scivolone. Come se l'affondo di Darmanin - che, senza alcuna ragione nota, ha personalmente preso di petto Giorgia Meloni sul fronte migranti definendola una «incapace» - fosse semplicemente frutto di una voce del sen fuggita.
Invece no. Non solo perché Darmanin, come noto, è uomo vicinissimo a Emmanuel Macron. Ma anche perché Séjourné, leader del partito del presidente francese, ieri ha deciso di mettere il sigillo sulla polemica: «Darmanin ha avuto ragione a denunciare l'incompetenza e l'impotenza dell'estrema destra europea di fronte all'immigrazione. Sapevamo che il loro approccio non è né giusto né umano».
Insomma, l'affondo del governo francese - sul quale giovedì il Quai d'Orsay si era limitato a una precisazione vaga - non è frutto di un incidente di percorso. Ma è dovuto a ragioni interne, perché c'è un evidente fastidio dell'Eliseo rispetto alle interlocuzioni tra Meloni e il generale libico Khalifa Belqasim Haftar, il padrone della Cirenaica decisivo per provare ad arginare i flussi migratori. E proprio la questione migranti sta accendendo il dibattito pubblico in Francia, con Macron accusato da più parti di non riuscire a gestire il dossier. Così, quella stessa Francia che Londra accusa di non saper gestire il flusso migratorio della Manica, ha deciso di concentrare la sua comunicazione su un'altra frontiera, quella alpina con l'Italia.
Ma c'è anche un approccio più di prospettiva - condiviso con il cancelliere tedesco Olaf Scholz - che guarda alle Europee del 2024. Per quanti consensi possa perdere Fdi nei prossimi mesi, infatti, è evidente che Meloni è destinata a dare le carte quando - nella primavera del prossimo anno - si voterà in Europa e si stabiliranno i nuovi equilibri che daranno vita ai futuri assetti dell'Unione. I Conservatori - di cui Meloni è presidente - sono infatti pronti a fare asse con il Ppe e questo rischia di ribaltare gli attuali rapporti di forza. Non è un caso che Carlo Fidanza, capo delegazione Fdi a Bruxelles, non esiti a definire Séjourné «nervoso» proprio perché il partito di Macron, Renaissance, «sarebbe la prima vittima di un'intesa tra Ppe e Conservatori».
Un asse che non piace neanche a Scholz. Se Parigi ci punta il dito contro sui migranti, infatti, Berlino è sempre pronta a farci la fronda sui conti e, in particolare, sulla riforma del Patto di stabilità. Tutti e due - sia Francia che Germania - con l'obiettivo di preservare l'asse franco-tedesco che da decenni decide le sorti dell'Europa.
Poi, ovviamente, c'è la realpolitik. Quella che impone a Parigi e Roma di avere comunque un dialogo.
Così, se resta congelata la cena che Meloni avrebbe dovuto avere all'Eliseo nelle prossime settimane, pare che le rispettive diplomazie stiano già lavorando su un bilaterale del disgelo da tenersi a G7 in programma a Hiroshima tra il 19 e 21 maggio. In campo neutro.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.