Al di là dell'esito giudiziario della vicenda, il raid dell'Fbi nel resort di Mar-a-Lago è per Donald Trump un assist politico inaspettato. Proprio mentre Joe Biden sta celebrando una serie di successi consecutivi come mai dall'inizio della sua presidenza (dall'uccisione di Al Zawahiri al referendum pro aborto in Kansas, al via libera alla sua legge di spesa su energia e sanità), il tycoon si riprende la scena e si propone ancora una volta come il candidato in pectore dei Repubblicani per le presidenziali del 2024. Secondo le voci che filtrano dal suo entourage, la perquisizione nella residenza in Florida sarà sfruttata da Trump e dai suoi fedelissimi per accelerare l'annuncio della sua candidatura alla Casa Bianca, per la quale vestirà i panni del martire politico. Un segnale eloquente è il tweet pubblicato da Dan Scavino, consigliere di lunga data di Trump e suo guru per la gestione dei social media: «DO IT - 45! #TRUMP2024».
Non è un caso che nel lungo comunicato nel quale denunciava «l'irruzione» degli agenti federali nella sua «bellissima casa», Trump abbia evocato il fantasma del Watergate. Poco conta che allora la banda male assortita inviata dal repubblicano Nixon per spiare i rivali democratici agiva nella più totale illegalità. Stavolta l'Fbi si è presentata a casa di Trump con un mandato di perquisizione e sequestro firmato da un giudice federale, alla ricerca di documenti riservati che l'ex presidente avrebbe sottratto dagli archivi della Casa Bianca. L'indagine non sarebbe quindi collegata a quella che il dipartimento di Giustizia sta conducendo sul ruolo di Trump nell'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.
A Trump non importa che il Watergate c'entri poco o nulla, così come non sembra importare ai suoi fan più accesi, che dopo la perquisizione si sono radunati davanti al resort di Mar-a-Lago per esprimergli solidarietà. È a questa «America in declino», che punta a ritrovare la sua perduta «grandezza», che ancora una volta l'ex presidente fa appello nello spot elettorale lanciato all'indomani dell'«assalto» degli agenti federali. Musica cupa, immagini in bianco e nero di luoghi desolati, un «Paese in declino», appunto, che addirittura «usa la giustizia come arma contro gli oppositori politici». Ma, assicura Trump, «presto torneremo grandi», grazie ai «patrioti come voi».
Il tycoon, in politica e in affari, è abilissimo nel capitalizzare le sconfitte, ribaltando la realtà a suo vantaggio. Abilissimo anche nel monetizzarle. Lo fece all'indomani della sconfitta elettorale del novembre 2020, evocando la narrazione dell'«elezione truccata». Per sostenere la battaglia che eventualmente avrebbe portato all'assalto a Capitol Hill, Trump lanciò una raccolta fondi che portò nelle casse dei suoi comitati decine di milioni di dollari.
Anche stavolta Trump ha subito lanciato una sottoscrizione - si possono donare dai 45 ai 5mila dollari - per «salvare l'America» e fermare la «caccia alle streghe della sinistra», come si legge nell'sms inviato ai suoi sostenitori. Altrettanto ha fatto il Republican National Committee, in una mossa che non era affatto scontata. E qui emerge il secondo vantaggio politico per Trump. La conta degli amici e dei nemici interni è infatti già iniziata e in queste ore i fedelissimi di Trump stanno monitorando attentamente le reazioni dei vari esponenti repubblicani. Sicuramente deve aver fatto piacere a Trump la dichiarazione di condanna della «intollerabile politicizzazione» del dipartimento di Giustizia fatta dal leader della minoranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy, che ha promesso un'inchiesta dopo il voto di midterm di novembre, «quando ci riprenderemo la maggioranza». Altri esponenti di peso del partito, come il senatore Rick Scott, hanno chiesto che il ministro della Giustizia Merrick Garland, il direttore dell'Fbi Christopher Wray e addirittura il presidente Joe Biden vengano convocati in audizione al Congresso, per «rispondere a tutte le domande». La «vittima» Trump ha spinto anche i suoi possibili rivali per la Casa Bianca, come il governatore della Florida Ron De Santis, a schierarsi tatticamente al suo fianco, per non apparire deboli agli occhi dell'elettorato repubblicano. De Santis ha parlato di «regime» e di uso politico della giustizia.
E i Democratici, le cui sorti elettorali apparivano in ascesa, che ora temono che lo slogan che compare al termine del nuovo spot elettorale di Trump possa trasformarsi per loro in un incubo: «Il meglio deve ancora venire».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.