Il ministro delle Imprese Adolfo Urso non esclude l'istituzione di incentivi alla produzione nazionale di auto. Dal tavolo avviato con Stellantis e con le imprese di tutta la filiera automotive è, infatti, emerso che «la maggior parte degli incentivi sono andati soprattutto ad automobili Stellantis realizzate all'estero». Ecco perché il dicastero di Via Veneto sta studiando la possibilità di «realizzare degli incentivi che in qualche misura incentivino la produzione nazionale di autovetture da subito», ha dichiarato il ministro. Non è escluso che su questo nuovo versante possano essere dirottata parte degli incentivi per l'acquisto di auto elettriche «rimasti inutilizzati», perché con i costi ancora troppi alti «se le possono permettere in pochi».
Urso ha ribadito le proprie posizioni nel corso di un convegno Federmanager-Aiee (l'associazione degli economisti dell'energia) durante il quale è stato presentato un rapporto che stima un «crollo degli investimenti per il passaggio all'elettrico del 25% in 10 anni» con «solo nella componentistica 500 imprese a rischio chiusura e 60mila posti di lavoro in meno». L'Italia è «il Paese più penalizzato tra le nazioni europee produttrici di componenti in termini di riduzione di posti di lavoro», è «il Paese «che rischia di più». Il ministro ha rilevato che «per la prima volta nel Parlamento europeo si manifesta una forte e sempre più significativa opposizione alla politica ideologica della Commissione», al voto non c'è stata «quella maggioranza bulgara come accadeva negli anni precedenti». Il governo non intende «dare tregua» su due dossier: Euro 7 e CO2, cioè sui veicoli pesanti. «C'è sempre più consapevolezza che su questi due temi dobbiamo imporre una visione pragmatica a questa Commissione», mentre a fare cambiamenti sarà «la prossima Commissione, perché nel 2024 si vota e questa sempre più larga opposizione a una visione ideologica probabilmente diventerà maggioranza», ha aggiunto ricordando che alla verifica prevista nel 2026 le problematiche potranno essere affrontate «in un contesto politico-istituzionale ben diverso da quello attuale». Una visione condivisa anche dall'ad di Eni, Claudio Descalzi.
«È un bene che l'Ue spinga e dia degli obiettivi ma non è completamente corretto se impone le tecnologie per raggiungere il target, dev'essere il mercato a scegliere, il principio di imposizione non è corretto», ha detto presentando i conti 2022.
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