Le aziende del Nord in allarme Bankitalia: famiglie a rischio

Quattro unioni di Confindustria vogliono riaprire: "O si spegne il motore del Paese". Governo in silenzio

Le aziende del Nord in allarme Bankitalia: famiglie a rischio

Imprese in pressing per «concretizzare la fase due». Quindi riaprire, gradualmente e con tutte le precauzioni possibili, fabbriche e stabilimenti, in linea con i timidi segnali che arrivano dalla presidenza del Consiglio. A pochi giorni dal provvedimento d'urgenza (un altro decreto della presidenza del consiglio) che dovrà decidere cosa fare del blocco delle attività economiche in scadenza il 13 aprile, sono scese in campo quattro associazioni territoriali di Confindustria. Le federazioni di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno firmato un appello congiunto nel quale si avverte che «se le quattro principali regioni del Nord che rappresentano il 45% del Pil italiano non riusciranno a ripartire nel breve periodo, il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore. Ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia», si sottolinea.

Tra domani e domenica il governo dovrà decidere se dare il via alla fase due. Riaperture selettive che il premier Giuseppe Conte vorrebbe scaglionare nel tempo. Allungando la lista dei settori esentati dallo stop alla produzione, già dal 14 aprile. E poi, agli inizi di maggio, prevedendo altre tappe per fare riprendere commercio e anche il movimento di privati.

L'emergenza aziende è sul tavolo del governo. E Confindustria del Nord preme sulla politica, facendo presente che molti imprenditori già da maggio porrebbero non pagare gli stipendi.

L'alternativa è «una roadmap per una riapertura ordinata e in piena sicurezza del cuore del sistema economico del Paese». Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia non si è espresso, ma aveva già avuto modo di mettere in guardia dai rischi economici della pandemia.

La risposta dei sindacati non è stata di chiusura. L'appello degli industriali «pone questioni vere: ci vuole un incontro tra governo e parti sociali per definire quando si riapre, come si riapre», ma «in totale sicurezza dei lavoratori», ha commentato la leader della Cisl Annamaria Furlan. Cgil, Cisl e Uil avevano chiesto nei giorni scorsi una convocazione al governo.

Ieri il premier Conte non ha risposto agli industriali, limitandosi a dire che «ci affacciamo alla fase due».

Pesa il freno delle autorità sanitarie, contrarie ad un allentamento del blocco. Ma anche l'impasse nella quale si trova il governo, ancora alle prese con il decreto Liquidità, approvato lunedì ma ancora non pubblicato in gazzetta ufficiale per contrasti tra ministri. Situazione che rende sempre più difficile il rapporto tra esecutivo e imprese.

Malessere forte nelle aziende e anche nel territorio. Come nel caso di Udine, dove la rabbia degli industriali si è manifestata con una petizione della Confindustria cittadina per lanciare Mario Draghi premier.

Possibile che una decisione del governo arrivi nel fine settimana, anche senza sentire le parti sociali.

Quanto l'emergenza economia sia drammatica lo testimonia un osservatorio senza interessi diretti alla riapertura.

Per Bankitalia «la diffusa sospensione dell'attività economica causata dalle misure di contenimento adottate pressoché ovunque nel mondo inciderà significativamente sulla capacità delle famiglie europee di fare fronte autonomamente alle proprie esigenze economiche nelle settimane a venire».

Per la Banca d'Italia (la citazione è di un articolo datato 4 aprile redatto da ricercatori di Palazzo Koch) il blocco metterà a rischio, nel breve termine, la sussistenza delle famiglie.

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