Una carneficina insensata, una battaglia infinita da cui entrambi i contendenti usciranno indeboliti. Questa è Bakhmut, la città del Donbass nella quale da mesi l'esercito russo e quello ucraino si confrontano in uno scontro quasi ottocentesco che sembra avere un valore più simbolico che strategico. È vero che la conquista della città, che aveva 71mila abitanti prima della guerra e che ora ospita non più di 4mila civili terrorizzati e nascosti nei rifugi, potrebbe consentire ai russi di minacciare le popolose aree urbane di Kramatorsk e Sloviansk, ma è chiaro che il costo pagato dall'esercito di Putin rischia di essere davvero troppo alto rispetto ai possibili benefici. La fotografia della battaglia di logoramento è scattata dal capo dello stato maggiore congiunto Usa, il generale Mark Milley, che riferisce alla Camera che «gli ucraini stanno attuando una difesa molto efficace che si è rivelata costosa per i russi. Negli ultimi 21 giorni, i russi non hanno fatto alcun progresso a Bakhmut». Inoltre il gruppo mercenario Wagner, molto attivo nella cittadina, starebbe secondo Milley «subendo un'enorme quantità di perdite nell'area di Bakhmut, la battaglia per la città si è trasformata in un massacro per i russi». Secondo Milley si potrebbe trattare di «6mila mercenari effettivi e altre 20 o 30mila reclute», molti dei quali «arriverebbero dalle carceri».
E a proposito di reclute, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto sulla chiamata di primavera per il servizio militare che riguarda 147mila persone dai 18 ai 27 anni. Secondo l'intelligence britannica, Mosca punta ancora più in alto, preparandosi a una «grande campagna di reclutamento» con l'obiettivo di dare una divisa ad altri 400mila soldati.
La Russia presenterebbe la campagna come «un'iniziativa per personale volontario, professionale» e non come una «nuova mobilitazione obbligatoria». Ma è realistico che le autorità regionali cerchino di raggiungere gli obiettivi di reclutamento assegnati costringendo gli uomini ad arruolarsi.
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