Banca Etruria, archiviazione per Boschi

Pierluigi Boschi, papà di Maria Elena, era accusato di bancarotta semplice per la liquidazione dell'ex dg dell'Istituto. Iv si scaglia contro i giustizialisti

Banca Etruria, archiviazione per Boschi

"Ancora un’archiviazione per mio padre su Banca Etruria. Chissà dove sono ora coloro che in questi anni ci hanno insultato, offeso, minacciato. Ma oggi è un giorno bello: la verità è più forte del fango". Poche parole ma politicamente significative, rivolte non solo contro quelli che considera "giustizialisti" ma anche verso avversari e colleghi che per ora non hanno commentato la notizia, quelle scritte sui social da Maria Elena Boschi per commentare la nuova archiviazione decisa dai magistrati nei confronti del padre Pierluigi per l’inchiesta Banca Etruria.

Come riporta il Corriere di Arezzo, il giudice per le udienze preliminari di Arezzo, Fabio Lombardo, ha depositato la decisione finale sulla vicenda della liquidazione dell’ex direttore generale di Banca Etruria, Luca Bronchi, stabilendo l’archiviazione per l’intero ex consiglio di amministrazione della banca, in totale 12 persone, di cui faceva parte anche il papà dell’attuale capogruppo di Italia Viva alla Camera. Il ruolo degli ex consiglieri della banca e le condotte tenute rispetto alla pratica della liquidazione del dg Bronchi non sono penalmente rilevanti, ha stabilito il giudice. La vicenda riguarda i circa 700mila euro (1,2 lordi), di cui 400mila già confiscati perché ritenuti non dovuti, versati nel 2014 da Banca Etruria all’ex dg che, proprio per la buonuscita, è stato condannato in primo grado mentre l’ultimo presidente col quale si accordò, Lorenzo Rosi, è sotto processo. Una parte di quell'esborso non era dovuta, ha stabilito la sentenza che ha condannato Bronchi: fu una distrazione del patrimonio di Bpel, bancarotta fraudolenta.

Alcuni mesi fa per l'ex vice presidente Boschi e per gli altri membri del cda era già caduta l'ipotesi più grave, quella della bancarotta fraudolenta: ad escluderla fu il giudice Piergiorgio Ponticelli nell'udienza in cui prese in esame la richiesta di archiviazione del pm Roberto Rossi, accogliendola a metà.

Quella di oggi è una giornata di rivincita non solo per la Boschi ma anche i suoi colleghi di partito che lo esultano per la sentenza e, allo stesso tempo, garantiscono che la vicenda non finirà qui. "Ci sono i giustizialisti, cioè quelli per cui alla prima notizia sulla stampa (di un avversario politico) lo crocifiggono perché colpevole. Poi ci sono i garantisti (che sono quelli che hanno letto la Costituzione) per cui c’è la fiducia nella magistratura, nella consapevolezza che non può essere un giornalista o un procuratore ad emettere una sentenza ma ci vuole un giudice", ha scritto Ettore Rosato, presidente del partito e vice presidente della Camera, sui social non risparmia una frecciata al Movimento 5 stelle, che pure sono alleati: "I giustizialisti anche quelli che sono al governo con noi, che scaricarono sentenze (e insulti) su Maria Elena Boschi per la vicenda che coinvolgeva il papà, sono certo si scuseranno con lei e con l’opinione pubblica".

Davide Faraone, capogruppo in Senato, è sulla stessa lunghezza d’onda e ricorda il "fuoco di fila, i titoloni in prima pagina, le offese, le umiliazioni di politici e giornalisti" e "la gogna mediatica che ha colpito" Maria Elena Boschi, "i suoi cari e il Pd guidato allora da Matteo Renzi". Secondo il senatore gli autori di quel "linciaggio" "stanno tra i populisti, stanno tra quelli che nel nostro partito di allora, quando il fango ci colpiva, dietro le quinte festeggiavano. Stanno tra i sovranisti giustizialisti che ci definivano il partito delle banche. La verità è più forte del fango e la coerenza pure". Il senatore infine ricordando il recente accordo tra Pd e M5s sul ritiro reciproco delle querele dichiara: "Altroché ritirare le querele. Se lo scordino. Hanno colpito senza pietà, infischiandosene delle sofferenze che provocavano e della comunità politica che infangavano".

Per Teresa Bellanova, ministro dell’Agricoltura, "essere garantisti significa non soltanto pensare che la giustizia si somministri con la velocità di un tweet o di un editoriale di Marco Travaglio, ma attraverso le sentenze o le decisioni dei giudici, ma anche che sia nostro preciso dovere rimediare ai danni che una cultura giustizialista e manettara inevitabilmente fa, ricordando ogni volta quanto sia essenziale aspettare i tempi della giustizia, per quanto - come in

questo caso - possano essere incredibilmente lunghi". "Il tempo è galantuomo. Italia Viva si batterà sempre per far prevalere il garantismo sul giustizialismo", ha assicurato la deputata Raffaella Paita.

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