La stretta dei tassi d'interesse della Bce si fa sempre più sentire su famiglie e imprese. Quello che un anno fa, quando la Banca centrale aveva iniziato ad alzare il costo del denaro, sembrava una minaccia dai contorni indefiniti, ora che il tasso di riferimento è arrivato al 4,5% esercita i suoi effetti in lungo e in largo. Ieri se ne è avuta una prova, con numeri eclatanti sui mutui e più in generale sui prestiti bancari.
Partiamo dai mutui immobiliari: in questo 2023 si è assistito a un boom di rinegoziazioni dei mutui nel tentativo di mettersi al riparo dai rincari delle rate di quelli a tasso variabile. A segnalarlo è l'Abi: nei primi nove mesi dell'anno l'ammontare dei mutui rinegoziati è stato di 17,4 miliardi euro, più di tre volte i 5,1 miliardi nei primi 9 mesi del 2022, con le famiglie che hanno richiesto allungamenti del piano di ammortamento dei finanziamenti, passaggi da variabile a fisso, revisione del tasso di interesse. Indicativa anche la proporzione internazionale: nei primi 9 mesi del 2023 a fronte di un valore per l'Italia del 34,4%, l'incidenza delle rinegoziazioni sul totale delle nuove erogazioni nell'area dell'euro è del 24,4%. Una differenza dovuta al peggior impatto che l'inflazione ha avuto in Italia, combinato con la maggiore propensione degli italiani ad acquistare l'abitazione principale. Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati di Bankitalia, la quota dei mutui a tasso fisso è del 63% del totale. E per venire in soccorso delle famiglie in grave difficoltà con le rate del mutuo, l'Abi (nella foto il presidente Antonio Patuelli) ha messo a punto una nuova «Guida» per il Fondo di Solidarietà elaborata con le banche e le Associazioni dei consumatori.
Sul fronte delle imprese sono stati gli artigiani di Mestre a mettere il dito nella piaga: tra l'agosto di quest'anno e quello del 2022 gli impieghi bancari vivi alle imprese italiane sono diminuiti del 7,7%. In termini assoluti la contrazione è stata di 55,8 miliardi. E la riduzione alle realtà imprenditoriali con meno di 20 addetti - il 98% delle aziende in Italia e quelle per cui il credito bancario può essere vitale - è stata più alta: -8,7%. Oltre all'aumento dei tassi di interesse, per la Cgia la Bce ha anche avuto la responsabilità di ridurre la liquidità delle banche.
Sia perché devono restituire alla Banca centrale i fondi Tltro (altri 174 miliardi entro settembre 2024), sia perché la raccolta bancaria, per effetto dell'aumento dei rendimenti delle obbligazioni, è diminuita. Ma ha un peso importante anche la frenata del Pil nazionale, che ha provocato una flessione della domanda di prestiti. Un'altra conseguenza, a ben vedere, delle manovre della Bce per contrastare l'inflazione.
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