Governo confuso e preoccupato, decreto banche che viene rinviato di ora in ora. Doveva essere il sabato risolutivo per la crisi degli istituti di credito veneti, ma il provvedimento per «salvare» correntisti e obbligazionisti di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza, già problematico in partenza, si è complicato strada facendo, fino alla decisione di rinviare tutto a questa mattina.
Ieri pomeriggio il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è andato a Palazzo Chigi per un lunghissimo incontro con il premier Paolo Gentiloni, necessario per definire gli impegni che dovrà prendere il governo - pesanti da più punti di vista - e le ricadute sui conti pubblici. Fonti dell'esecutivo, mentre l'incontro era in corso, parlavano di forte preoccupazioni ai vertici del governo. Il sentiero è strettissimo tra paletti della Commissione europea sugli aiuti di Stato, le condizioni di Intesa Sanpaolo per farsi carico delle due banche depurate da passività e crediti deteriorati, ma anche l'esigenza di non penalizzare i correntisti.
Il Consiglio dei ministri, in programma per la mattinata di ieri, è prima slittato alle 18, poi a oggi. Impossibile andare oltre perché le due banche venete lunedì rischiano di non aprire gli sportelli creando in pieno Nord Est una situazione che ricorderebbe da vicino la crisi di Cipro del 2013, con i correntisti in coda davanti ai bancomat e tutto il resto.
Uno dei nodi è proprio quello del fallimento delle banche. La Banca centrale europea ha dato il via libera, su richiesta del governo italiano, alla procedura quando il decreto non era ancora pronto, obbligando Roma a trovare una soluzione che si è rivelata più complessa del previsto.
Nel decreto c'è innanzitutto l'autorizzazione all'impiego di soldi pubblici per il salvataggio. La bad bank che si dovrà fare carico delle passività e dei crediti inesigibili delle due banche varrà 20 miliardi.
Da definire la parte a carico dello Stato. Fino a ieri non c'era certezza nemmeno al ministero dell'Economia. Si parlava di 6 miliardi solo per questo capitolo, ma fino non è escluso che il conto possa salire a 8 miliardi di euro.
Tutto dipende (e ancora ieri non era chiaro in quale misura) dal perimetro della Bad Bank. In particolare se comprenderà, oltre al rosso nei bilanci di Veneto Banca e Popolare di Vicenza e gli Npl, anche i crediti in bonis ma con basso rating, come chiede il gruppo guidato da Carlo Messina.
Altra spesa è quella per gli esuberi quantificati in 4.000 dipendenti ai quali potrebbero aggiungersi quelli di Intesa Sanpaolo. Tocca al governo rifinanziare il fondo per gestirli e il costo dovrebbe aggirarsi sugli 1,3 miliardi. Parte del ritardo è da attribuire alla trattativa anche su questo fronte.
In tutto l'intervento pubblico potrebbe arrivare a 10 miliardi di euro. Soldi che, in ogni caso, finiranno nel debito pubblico. Fonti del governo ieri sera assicuravano che le ultime «limature» riguardavano non il merito ma la «struttura giuridica» del provvedimento.
In altre parole, c'è il timore che accontentare troppo Intesa San Paolo faccia accendere i fari della Commissione europea sugli aiuti di Stato.
Partita delicatissima.
Gestita male, secondo il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta. «Sulle banche i governi Renzi-Gentiloni hanno miseramente fallito», ma Forza Italia, sarà «responsabile. Oggi dobbiamo salvare il salvabile, ma questo non vuol dire chiudere gli occhi».
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