"Barbaro attacco nazista. Chi c'è dietro pagherà" L'ira di Putin in diretta tv (e sarà escalation su Kiev)

"È l'ora dell'unità, puniremo i responsabili dell'attentato al Crocus City"

"Barbaro attacco nazista. Chi c'è dietro pagherà" L'ira di Putin in diretta tv (e sarà escalation su Kiev)
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«È l'ora dell'unità, puniremo i responsabili dell'attentato al Crocus City. Undici persone, tra cui tutti e quattro gli autori diretti dell'attacco terroristico, sanguinoso e barbaro con modalità naziste, sono stati trovati e arrestati: erano stranieri. Gli arresti sono avvenuti nella regione di Bryansk, al confine con l'Ucraina dove i ricercati volevano dirigersi, perché avevano contatti appropriati in quel Paese». Non occorre molta fantasia per capire il senso delle dichiarazioni di Vladimir Putin: il messaggio sottinteso (ma neanche tanto) nel discorso televisivo che ha rivolto al popolo russo il giorno dopo la strage costata quasi 150 morti è chiarissimo. Dietro gli attentatori ha voluto dire Putin - c'è la mano dell'Ucraina, e noi le faremo pagare il prezzo di questo crimine.

A nulla è servito che l'Isis abbia rivendicato per due volte il massacro di Mosca, compiuto con tipica «modalità Bataclan». A nulla è servito che Kiev abbia negato qualsiasi coinvolgimento, cosa che non fa mai quando colpisce (e accade sempre più spesso) in territorio russo. A nulla è servito che già settimane fa l'ambasciata degli Stati Uniti a Mosca avesse avvertito pubblicamente i propri cittadini presenti nella capitale russa del rischio altissimo di imminenti gravi attentati di matrice islamica: allora Putin parlò di propaganda americana, adesso accusa Zelensky. Tutto questo non è servito a nulla perché Putin aveva deciso in anticipo che questa carneficina fosse funzionale a un suo fine preciso, direttamente legato alla guerra in Ucraina.

Già nella serata di venerdì, con il Crocus City ancora in fiamme, il superfalco del regime Dmitry Medvedev aveva minacciato di morte i leader ucraini «se scopriremo che Kiev è coinvolta nell'attentato». Ieri lo stesso Putin ha dato la linea ufficiale, usando la parola «nazista» che la sua propaganda collega sempre al governo di Kiev, raccontando l'assurda storia di terroristi in fuga verso l'Ucraina attraverso una zona di guerra sorvegliatissima e parlando di «contatti» non precisati e di terroristi genericamente «stranieri».

A questo si aggiunge che il sito indipendente russo Meduza, citando come fonte un dipendente di media statali russi, rivela che tutti i media filogovernativi hanno ricevuto «dall'alto» l'ordine di enfatizzare la pista ucraina, parlando nei loro servizi giornalistici di «tracce» del coinvolgimento di Kiev lasciate dai terroristi in fuga. Insomma, è tutto già deciso: il mandante è Zelensky, e la pagherà.

Come questo prezzo debba essere pagato lo hanno già detto fonti del partito putiniano Russia Unita, le cui parole riflettono sempre gli ordini del Cremlino: sul campo di battaglia. E il cerchio si chiude. L'obiettivo di Putin è sfruttare un momento di divisioni tra gli alleati occidentali di Kiev per scatenare un brutale capitolo decisivo della guerra che includa l'omicidio di Zelensky. Eccitare l'opinione pubblica russa contro i «terroristi nazisti ucraini» e trovare così terreno fertile per proclamare quella nuova mobilitazione di massa («è l'ora dell'unità» significa questo) necessaria per l'attacco finale.

Il meccanismo non è nuovo. È lo stesso usato vent'anni fa per giustificare l'attacco alla Cecenia: attentati compiuti contro civili russi dai servizi segreti Fsb e attribuiti al nemico da colpire.

È il caso di ricordare che l'ex agente Alexander Litvinenko fu assassinato col polonio a Londra nel 2006 per aver denunciato al mondo questo schema criminale che oggi verosimilmente si ripete. Con la differenza che stavolta Putin sapeva di un imminente attentato jihadista e con il suo tipico cinismo avrebbe lasciato fare: gli faceva gioco per vincere la sua guerra.

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