L'hanno chiamato il volto angelico dell'estrema destra francese, senza conoscerlo. Infallibile sorriso da selfie, ascesa fulminea. E ora, con una nuova potenziale responsabilità: essere il primo lepenista della storia della V Repubblica ad aspirare a guidare un governo. Lui, Jordan Bardella, il ragazzo fuoriuscito dalla banlieue parigina oggi 28enne, di origini italiane, è il tipico ex adolescente che si è trovato nel posto giusto al momento giusto. Nel suo caso, per l'operazione dédiabolisation messa in campo anni fa da Marine Le Pen: per liberare il partito dalle scorie ideologiche dell'ex Front National mentre lei lo ripuliva dai vecchi arnesi ancorati al passato di Jean-Marie Le Pen.
Se è vero che politica e cuore viaggiano spesso su un binario parallelo, l'enfant prodige del fu Fn deve anzitutto a una storia d'amore la sua occasione; due anni con la figlia di Frédéric Chatillon, discusso ex consigliere informale di Marine, che gli hanno cambiato la vita. Un colpo di fortuna? No, perché aveva già in tasca la tessera Fn; idee chiare, visto che a 16 anni era già stato folgorato da una performance tv di BleuMarine. Iscritto al partito dal 2012, grazie a quella cerchia di amici di famiglia viene però notato. In un partito all'epoca plasmato da relazioni familistiche, più che politiche.
Il nome di Bardella inizia a incardinarsi nella storia francese. Prima come pupillo di Marine, poi come delfino. Poi portavoce del cartello nel frattempo ribattezzato Rassemblement national. E infine presidente del Rn dal 2021, europarlamentare in carica dal 2019 e oggi premier in pectore. Non è un ideologo. Ma uno stratega. Uno che annusa l'aria e sa dove tirerà il vento, pur non senza qualche gaffe o azzardo. Come quando, alle strette in tv, disse che il fondatore del Fn non era antisemita nonostante le condanne; salvo poi recuperare dopo il 7 ottobre schierandosi con Israele e in difesa degli ebrei di Francia; in parte sedotti.
Dicono che sia un opportunista cronico, visto che dopo aver iniziato la carriera al fianco dell'ex lepenista Philippot (all'epoca potenziale delfino di Marine) su una linea nazional-socialista, si è spostato su posizioni più liberali della stessa Le Pen, pronto a stabilire rapporti col mondo economico con discorsi pro-aziende. L'alleanza col neogollista Ciotti pare sia partita da lui, e oggi potrebbe far saltare la diga che finora ha impedito ai lepenisti di governare davvero. Ma com'è «arrivato» ai francesi? Invidiabile presenza tv, certo. Talento da faccia a faccia; pensando di parlare ai cittadini e non solo al suo avversario interlocutore. Anni di studio, di formazione politica: sostenuta dalla «cerchia» BleuMarine, che su di lui ha investito in dizione e gestualità. Il resto è farina del suo sacco. Come le sessioni di body building.
Quando parla di periferie, di sicurezza e immigrazione, ha una carta segreta. Dice che integrarsi e rispettare la République è possibile e che l'esempio è lui. Ricorda d'esser stato cresciuto da sua madre a Seine-Saint-Denis, complessa realtà alle porte di Parigi. Marine gli ha insegnato a parlare agli abitanti, uno per uno nelle città non ancora «convertite»; mentre maturava presenze tv e dava nuove linee guida al partito per allargare la platea a laureati e giovani in generale.
Certo, i social. Croce e delizia: fino alle Europee i media gli davano ancora della marionetta, leader di plastica bravo solo su TikTok.
Ha intanto superato il milione di iscritti aggredendo fasce di pubblico per gli anni a venire (i 15-24enni) mentre nei suoi spostamenti in ogni angolo della Francia profonda abbracciava mucche, stringeva la mano degli agricoltori e faceva promesse di «raddrizzare» un Paese che ora lo vede in pole. Da testimonial di un percorso, a protagonista di una «rivoluzione». Dal sangue misto: «Sono al 75% italiano».
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