Anche oggi (e pure domani e anche dopodomani probabilmente) la sinistra ha il suo nemico del giorno. Il bersaglio contro il quale scaricare il proprio arsenale di odio politico e, in alcuni casi, financo antropologico. Il cattivo del giorno che - ormai è anche pleonastico ripeterlo -, viene tacciato di non-sufficiente-antifascismo, filo fascismo, protofascimo, insomma mettete un po' il prefisso che vi pare purché si parli di fascismo, è Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione e del Merito. Il quale ha sicuramente il merito di non bazzicare i luoghi comuni e di dire le cose fuori dai denti. Magari, a volte, anche un po' troppo. Ma non in questo caso. Facciamo un piccolo sunto dei fatti, con la premessa necessaria che si tratta di eventi di questi giorni e non degli anni Settanta. Il 18 febbraio, a Firenze, un gruppo di ragazzi di Azione studentesca aggredisce fuori dal liceo scientifico «Leonardo da Vinci» alcuni coetanei di sinistra. Un gesto criminale del quale si sta occupando l'autorità giudiziaria. Due giorni dopo - lunedì 20 -, la sinistra, gli antagonisti e i centri sociali scendono in piazza per chiedere la «liberazione dal fascismo e dal governo Meloni». C'entra come i cavoli a merenda con la rissa, ma facciamo finta di niente. Incidentalmente i sinceri difensori della democrazia inneggiano alle foibe, a Tito e minacciano di morte la premier («Meloni fascista, sei la prima della lista», originale eh?), ma facciamo finta di niente anche in questo caso. Non c'è molto da stupirsi: la sinistra ha occupato l'intera campagna elettorale gridando al ritorno delle camicie nere e alla fine qualcuno ha finito per crederci, come era ampiamente prevedibile. Ma la questione è un'altra: il clima è rovente, gli animi surriscaldati, le passioni politiche esasperate e cosa pensa di fare la preside del Michelangelo? Scrive una circolare infuocata nella quale, dopo aver giustamente condannato l'agguato, sottolinea come il fascismo sia nato così (da una rissa per strada? Analisi raffinatissima...) e richiama tutti all'allerta democratica. Come cercare di spegnere un incendio con un Canadair pieno di benzina. Un gesto politico, certamente non didattico. Al quale il ministro dell'Istruzione, ieri, ha risposto con decisione: «É una lettera del tutto impropria, non compete ad una preside lanciare messaggi di questo tipo. Vedremo se sarà necessario prendere misure».
Una frase sensata che ha scatenato un putiferio di polemiche. I presidi sono la rappresentazione dello Stato e delle Istituzioni nelle scuole. Sono il presidio di legalità più vicino ai giovani. Non devono fare i piromani, semmai i pompieri.
Non devono trasformare le aule e i corridoi dei licei in terreno di scontro per una guerra civile finita più di settant'anni fa, ma soprattutto non devono strumentalizzare e aizzare i ragazzi per fini politici. Altrimenti si finisce per delegittimare la scuola stessa: operazione che la sinistra, dal 1968 a oggi, porta avanti con grande pervicacia. Anche a colpi di circolari politicizzate.
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