Berlinguer epurata, sì al blitz per «renzizzare» tutta la Rai

L'ormai ex direttore Tg3 paga la vicinanza ai ribelli Al suo posto Mazzà, che a Ballarò litigò con Giannini

Berlinguer epurata, sì al blitz per «renzizzare» tutta la Rai

Roma - Avanti, senza ripensamenti. Pur se con qualche cautela per evitare la rottura diplomatica - ossia il rinvio del cda a domani - e per presentarsi alla Vigilanza Rai senza aver materialmente già provveduto alle nomine dei nuovi direttori Rai. Avanti, insomma, all'operazione-epurazione di Bianca Berlinguer, ancora per poche ore alla guida del Tg3.

Il piano quindi prosegue, il blitz estivo s'ha da fare, ma per salvaguardare la forma - e ottemperare alle richieste degli stessi componenti dem della commissione di Vigilanza - il dg di viale Mazzini Antonio Campo dall'Orto comincerà presentando oggi il nuovo piano dell'informazione della Rai prima al Consiglio per il voto, e poi in Vigilanza. Nella sostanza però cambia poco, perché chiusa la partita del piano editoriale, già stamattina i curricula dei «nuovi» direttori arriveranno ai consiglieri, 24 ore prima del cda che sancirà i nuovi assetti dei Tg, e soprattutto sfilerà la poltrona alla Berlinguer. Che salti l'unica voce di dissenso nei confronti del governo a pochi mesi dal referendum sul quale Renzi ha scommesso la sua stessa permanenza a Palazzo Chigi è tema rovente, e infatti per rintuzzare le accuse di epurazione, ambienti vicini al presidente del Consiglio - che ieri sera è opportunamente volato a Rio - lasciano intendere che la responsabilità della scelta di avvicendare la Berlinguer non sia politica né attribuibile a Renzi, ma semmai al dg. Il giro di direttori, insomma, sarebbe un'arma di distrazione di massa con la quale Campo Dall'Orto cercherebbe di spegnere l'attenzione sul suo lauto stipendio, finito sui giornali all'indomani dell'operazione-trasparenza.

In realtà non è un mistero che Renzi volesse silenziare il Tg3 proprio in vista del referendum, il che spiega la curiosa accelerazione agostana degli avvicendamenti, che vedranno probabilmente Luca Mazzà, vicedirettore di Raitre, già entrato in contrasto con Massimo Giannini quando Mazzà era responsabile di Ballarò (e prima che il conduttore si vedesse chiudere il programma un mese fa, polemizzando apertamente con Renzi: «Anche noi alla fine siamo stati rottamati») e indicato come in rapporti non idilliaci proprio con la Berlinguer.

Blindatissimo invece Mario Orfeo, che resta saldamente in sella al Tg1, a saltare è invece pure la poltrona di Marcello Masi, con il direttore del Tg2 sacrificato per non far apparire l'avvicendamento un siluramento ad personam per la sua omologa al Tg3. Al suo posto la vice Ida Colucci.

Ci siamo, il dado è tratto, e adesso la campagna mediatica per spingere il «Sì» al referendum costituzionale del prossimo autunno potrà partire senza voci troppo fuori dal coro nei tg e nei programmi di approfondimento, con buona pace della pluralità dell'informazione. Anche se lo scacco politico giocato da Renzi agli organigrammi Rai potrebbe rivelarsi un boomerang per il premier.

Che in passato, e ancora a marzo di un anno fa, aveva ribadito che tra i punti fermi del «nuovo corso» per l'azienda di viale Mazzini doveva esserci proprio la non ingerenza della politica. «Fuori i partiti», insomma. Ma alla luce degli ultimi eventi, sembra che l'ennesimo slogan del presidente del Consiglio cozzi un po' con la realtà dei fatti.

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