Milano È da tempo, ormai, che Berlusconi considera Forza Italia inadeguata. Superata, no; carente sì. Da mesi, sul tavolo di Arcore, c'è uno studio commissionato dal Cavaliere in persona. L'esito è sorprendente. Ci sono ben sette milioni di italiani che si definiscono liberali e moderati che, tuttavia, disertano le urne. «Sono quelli delusi e disgustati dalla politica che dobbiamo convincere a tornare alle urne. E a votare per noi». Chi parla è Berlusconi e quel «per noi» non sono necessariamente gli azzurri.
È l'Altra Italia, una sorta di Forza Italia delle origini, un movimento formato da chi, fino ad oggi, s'è tenuto lontano dal Palazzo ma che ha primeggiato nel mondo del lavoro. Il Cavaliere pensa a imprenditori, professionisti, professori universitari, intellettuali, economisti: la crème della società civile che conquisti, come fece Fi nel 1994, quella maggioranza (di centrodestra) silenziosa che ora non vota più. Ieri il Cavaliere è tornato sul tema a lui caro, mettendo i puntini sulle «i». Il progetto non comporta la rottamazione di Forza Italia. Lo scrive al direttore del Messaggero: «L'idea che io possa liquidare l'esperienza di Forza Italia ritirando il simbolo è semplicemente assurda. È esattamente il contrario di quello per cui sto lavorando». Il perimetro del rassemblement lo disegna lo stesso ex premier azzurro: «La nostra coalizione unita è vincente e rappresenta la maggioranza degli italiani, ma solo a patto che sappia ricomprendere sia la destra sovranista che il centro liberale, cattolico, riformatore e garantista». Un'alleanza solo di destra-destra non vince e non governa.
Ecco perché, dice nell'ultimo libro di Bruno Vespa, «penso alla creazione di due o tre nuclei di Altra Italia per ogni regione, prendendo anche il meglio delle liste civiche che si ispirano ai nostri valori. Una struttura giovane che si federi con Forza Italia senza ruoli di preminenza dell'una sull'altra». La nuova cosa azzurra, a cui sta lavorando soprattutto il monzese azzurro Andrea Mandelli, non dovrebbe scalzare Fi, quindi, ma andarci a braccetto. E Berlusconi parla anche del dopo Berlusconi: «Il mio successore potrebbe nascere da lì». Sono tanti i delfini nati nella Cdl/Pdl/Forza Italia che poi si sono spiaggiati: Casini, Fini, Alfano, Toti, solo per citarne alcuni. E il Cavaliere spiega: «Ho sempre cercato il successore nei coordinatori nazionali. Se ne sono avvicendati tanti, ma quelli che si candidavano come miei successori non stati avvertiti come tali dal nostro movimento e se ne sono andati... In ogni caso ricordo che chi ha lasciato Forza Italia non ha mai fatto una bella fine politica». E questo è noto.
Poi Berlusconi «chiama» pure Salvini. «Il suo ingresso nel Ppe non è all'ordine del giorno ma la Lega deve scegliere dove stare in Europa.
Decida se rimanere isolata in una posizione simile ai lepenisti francesi, quindi con tanti voti ma senza esercitare alcun ruolo, oppure se portare le proprie idee e i propri valori, che sono sicuramente democratici, all'interno di una coalizione più vasta». Per far volare il centrodestra. Ma Matteo chiude ancora la porta con un secco «no», interpellato da Bruno Vespa nel suo nuovo libro.
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