Berlusconi, Riina e l'Isis. Tutti i deliri e le balle del mafioso Graviano

Il boss al processo in Calabria chiama in causa il Cav: «Lo incontrai da latitante»

Berlusconi, Riina e l'Isis. Tutti i deliri e le balle del mafioso Graviano

S pazia a tutto campo, da Riina salvatore della Patria visto che grazie a lui, parole sue, in Italia non ci sono stati attentati dell'Isis, alla sua «bella vita» da latitante a Milano, shopping in via Montenapoleone e teatri. E poi la guest star già delle intercettazioni in carcere di quattro anni fa, chiacchierando a favore di microspie col camorrista Umberto Adinolfi: Silvio Berlusconi. Berlusconi «traditore» dei mafiosi ma che i mafiosi, sempre parole sue, li incontrava e coi mafiosi faceva pure affari. Ed eccoli, appunto, gli incontri diretti tra lui e Berlusconi. Con bacio in stile Andreotti-Riina o senza non è dato sapere: «Dottore, - dice al pm di Reggio Calabria - io sto dicendo solo qualcosa ma posso dire tante altre cose...».

Dice, non dice, insinua e si contraddice. Parla e straparla il boss mai pentito Giuseppe Graviano, al secolo mafioso «madre Natura», 27 anni di 41 bis e svariate condanne definitive per omicidi e stragi. Straparla, al processo sulla 'ndrangheta stragista in cui risponde dell'uccisione di due carabinieri. Straparla e soprattutto lancia messaggi. Bersaglio apparente, quello grosso che da decenni i pm tentano senza successo di coinvolgere in indagini antimafia (le inchieste finite in flop non si contano): Silvio Berlusconi.

Gli ingredienti sono vecchi, la storia delle origini della fortuna finanziaria del Cavaliere, nei primi anni '80 brillante imprenditore. Graviano la condisce con i ricordi di famiglia. «Mio nonno materno Filippo Quartararo - racconta - investì al Nord. Aveva messo i soldi nell'edilizia, era un grande commerciante di ortofrutta. Il contatto è col signor Berlusconi, glielo dico subito». Ecco fatto. Nonno (defunto), in cambio della promessa del 20%, versa 20 miliardi, cerca di coinvolgere il genero nonché papà di Giuseppe Graviano che si sfila. «Quando è morto mio padre - prosegue il boss nell'amarcord familiare in stile Scorsese - mio nonno mi prese in disparte e mi disse: Io sono vecchio, e ora te ne devi occupare tu. Così io e mio cugino Salvo Graviano (toh, morto anche lui) siamo partiti per Milano. E mio nonno ci ha presentato al signor Berlusconi». Dove? «Hotel Quark, mi pare». Il rapporto col Cavaliere «era bellissimo», dice Graviano: «Potevano avere soddisfazioni (con Berlusconi, ndr), ma non di criminalità, di cose belle». Graviano parla di tre incontri. L'ultimo a dicembre del 1993: «È successo a Milano 3, è stata una cena. Ci siamo incontrati io, mio cugino e Berlusconi, discutiamo di formalizzare la società». Berlusconi sapeva chi era il suo interlocutore? «Non so ma penso di sì, lo sapeva come mi chiamavo». Ma i venti miliardi erano stati investiti in Milano 3? «Tutto ciò che aveva fatto, Mediaset (non ancora nata, ndr), Canale 5...». Tale era la confidenza tra il Cav e i Graviano che nel 1992 «prima delle stragi» Berlusconi al cugino aveva confidato la futura nascita di Forza Italia. Doveva esserci un quarto incontro, a febbraio del '94. Ma il 27 gennaio Giuseppe e il fratello Filippo furono arrestati, a Milano. «Arresto anomalo», chiosa il boss. Fine della storia ma non del fiume in piena. Graviano spara ad alzo zero, da Riina anti-Isis alla sfiducia nella giustizia. Straparlando, qua e là precisa. Berlusconi «traditore» perché con la riforma del codice penale aveva detto no all'abolizione dell'ergastolo per gli stragisti. E ancora: «Quando dico non volevano più le stragi non parlo di Berlusconi».

Immediata la replica del legale dell'ex premier Niccolò Ghedini, che annuncia querele: «Le dichiarazioni sono totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie», e in più viziate dall'astio nei confronti dei provvedimenti antimafia dei governi Berlusconi. Quanto alle reazioni politiche, gli unici che ci cascano sono i grillini, sostenuti dal loro pm di riferimento ora al Csm, l'ex pm della trattativa Stato-mafia Nino Di Matteo, il primo a riversare le intercettazioni di Graviano in quel processo.

Ma con chi parla il boss? Se lo chiedono in tanti. Anche a sinistra.

Persino il figlio di una vittima di mafia, Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia in Sicilia, in un'intervista all'Huffington Post avanza pesanti dubbi: «Lui dice che non si fida dei giudici. Io invece non mi fido di Graviano. Secondo me sono messaggi in codice. Lanciati non sappiamo a chi».

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