Bersani resta fermo al Novecento: "Meloni, giuri sulla Costituzione antifascista?"

L'esponente di Articolo 1 ormai in pensione dal punto di vista politico, è costretto a rispolverare il solito tema dell'antifascismo per attaccare la leader di FdI: "Perché non celebra il 25 aprile?"

Bersani resta fermo al Novecento: "Meloni, giuri sulla Costituzione antifascista?"

Il partito in cui è finito Pier Luigi Bersani si chiama Articolo 1, forse in onore alla percentuale di consensi che riscuote, tanto che lo stesso Bersani ha scelto di non ricandidarsi alle prossime elezioni e il leader Roberto Speranza per avere un posto sicuro ha dovuto elemosinare un seggio blindato col Pd.

Dal piedistallo ricco di consensi di Articolo 1, tuttavia, Bersani non smette di dare lezioni agli altri, specie a Giorgia Meloni che guida un partito che invece di consensi ne ha ormai svariati milioni. La netta discrepanza, forse, risiede nel fatto che i politici come Bersani sono fermi alle dinamiche storiche di 80 anni fa e non fanno altro che incalzare gli avversari su un tema che ha stufato la totalità degli italiani: il pericolo fascismo.

Ospite di Giovanni Floris a DiMartedì su La7, ieri l’ex segretario del Pd, quando il conduttore gli ha fatto notare più di qualche proiezione elettorale da brivido per il mondo della sinistra, ha risposto: "Ha già vinto la Meloni? No, mo vedimm, aspettiamo un attimo".

Poi si è avventurato in un'analisi sociologica sul comportamento dell'elettorato italiano: "[La destra] è in vantaggio perché l’altro campo è diviso, perché c’è gente che pensa 'li abbiamo provati tutti, proviamo anche questa giovane Meloni' e perché c’è un po’ un istinto italiano a correre in soccorso del presunto vincitore". Ma, secondo Bersani, c'è anche qualche elemento in più che sta spingendo l'elettorato a convergere su FdI: "La Meloni piace perché è stata coerente, perché è una donna e perché ha freschezza".

La sfida sul 25 aprile

Dopo la sviolinata, però, è arrivata la mazzata, basata sull'unica carta rimasta alla sinistra da giocare contro la leader di Fdi: la sempiterna lotta al fascismo immaginario: "La democrazia in Italia non sta benissimo e non andrebbe a stare meglio con la destra. Però ci arriverebbe prima un altro problema, quello dell’Italietta, perché noi non abbiamo una destra liberale, ma una destra corporativa, demagogica, regressiva sui diritti sociali e civili, ci schiererebbe fuori dai paesi fondatori dell’Europa. Questo è il punto". E poi: "Io non chiedo alla Meloni delle nuove parole, delle abiure. Io le chiedo una presa d’atto: vuoi giurare sulla Costituzione italiana antifascista? Riconosci il 25 aprile come in Francia riconoscono il 14 luglio e tiri una riga su tutti quelli che a destra non riconoscono il 25 aprile".

Quello che la sinistra non riesce proprio a comprendere è che i partiti di centrodestra, che a vario titolo sono stati nel corso degli anni a seconda delle convergenze elettorali tacciati di pseudo-fascismo, è che accettare il dibattito sui temi morti e sepolti da decenni è un modus operandi tipicamente loro, che non serve ai cittadini italiani e che francamente non serve nemmeno a rassicurare le istituzioni straniere.

Il gioco alla demonizzazione ideologica dell'avversario per sconfessarlo agli occhi dell'Europa, della Gran Bretagna o degli Stati Uniti, che ha avuto come protagonista suo malgrado Berlusconi prima, Salvini poi, la Meloni infine, risiede larga parte dell'involuzione della classe politica del nostro Paese. Il modo migliore per rispettare la Costituzione e la democrazia liberale, sarebbe quello di smettere di soffiate sui polverosi meandri della storia, accettare i risultati delle tornate elettorali e dialogare in maniera costruttiva con i leader politici che gli italiani scelgono di premiare. A prescindere dalle idee, una classe politica forte e autorevole nella sua totalità fuori dai confini italiani si crea in base al livello del dialogo dentro i confini italiani. Invece gli osservatori politici stranieri si ritrovano a dover seguire ogni elezione politica secondo lo schema: c'è un pericoloso sovversivo che i paladini della sinistra devono fermare.

Se ogni leader politico degli ultimi 30 anni è stato impallinato, giudicato

inadeguato, dato in pasto ai giornali e alle opinioni pubbliche di mezzo mondo, la domanda sorge spontanea: perché all'estero dovrebbero prendere sul serio una classe politica di cui persino gli stessi italiani si fanno beffe?

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