Washington. Sono mesi che la Casa Bianca, di fronte alle periodiche domande dei giornalisti, va ripetendo: «Intende candidarsi». E da mesi, soprattutto nel campo democratico, la risposta viene considerata una formula di rito, aperta a svariate interpretazioni, soggetta a più variabili. Stavolta, sentirlo dire direttamente dalla voce di Joe Biden, dovrebbe cancellare ogni dubbio. «La mia intenzione è quella di candidarmi», ha detto il presidente in un'intervista all'anchorman di Abc News David Muir. Poche ore prima, dal Kenya, in una tappa del suo viaggio in Africa, la first lady Jill aveva detto all'Associated Press che la ricandidatura del marito non era una questione di «se», ma solo di «quando e dove» fare l'annuncio ufficiale. «Sarà una decisione presa in famiglia», aveva detto Biden qualche tempo fa. Il via libera della moglie suona come il sigillo definitivo al lancio di una nuova campagna, che lo vedrebbe eventualmente rieletto all'età di 82 anni, e poi 86enne al completamento del secondo mandato. Ed è proprio l'età il Tallone d'Achille di Biden, che continua a trascinarsi dietro quel nomignolo, «Sleepy Joe», che gli fu affibbiato tre anni fa da Donald Trump. «È legittimo che la gente abbia dei dubbi sulla mia età. L'unica cosa che posso dire è: guardatemi», ha detto il presidente nell'intervista a Abc News. Del resto la scorsa settimana la Casa Bianca ha presentato con particolare enfasi i risultati dei consueti test medici ai quali ogni anno si sottopongono i presidenti Usa. Joe Biden rimane «un 80enne in salute e vigoroso, in grado di assolvere i doveri della presidenza», è stata la sintesi. Nessun accenno, però, a eventuali test cognitivi, come proposto dalla candidata repubblicana, Nikki Haley, per tutti i politici over 75. Anche se, più che contro Biden, la proposta della Haley è sembrata un colpo basso contro il 76enne Trump, suo ex mentore politico e oggi rivale per la nomination. Certo è che Biden, a dispetto dell'età, ha mostrato negli ultimi giorni un «vigore» degno di predecessori assai più giovani, come George W. Bush o Barack Obama. Il viaggio segreto a Kiev, in piena zona di guerra, senza il supporto dei soldati Usa sul terreno e dei caccia dell'Air Force nei cieli, e poi l'intervento trionfale a Varsavia per l'anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina, sono stati non solo una prova di coraggio e resistenza fisica, ma anche due dei momenti salienti della sua presidenza. «Vuole completare quello che ha iniziato», ha detto sempre la moglie Jill nell'intervista alla AP. In attes dell'annuncio definitivo, è sicuramente vero che Biden punta ad una «legacy» rooseveltiana: di ricostruzione economica e sociale in patria e di affermazione del ruolo dell'America nel mondo, anche attraverso lo strumento della guerra, dopo il disastroso ritiro dall'Afghanistan. Nei primi due anni del suo mandato, Biden è stato abilissimo nel mettere al sicuro la sua agenda legislativa. Pur con un controllo risicato del Congresso, e contando sulla manovratrice Nancy Pelosi, è riuscito a fare approvare una serie di provvedimenti che hanno rilanciato l'economia e favorito il boom dell'occupazione (12 milioni di nuovi posti di lavoro creati). E ora che anche l'inflazione sembra tornare sotto controllo, la strada sembra in discesa.
Ma sarà il conflitto in Ucraina il «defining moment» della sua presidenza. È sul sostegno a Kiev che Biden si gioca tutto. Può come Roosevelt nel 1945 uscirne vincitore, o impantanato in un Vietnam senza fine come Lyndon Johnson.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.