Luigi Sbarra, segretario della Cisl, lei ha invitato il governo a «tornare sui propri passi» e a impostare una riforma della previdenza. Non esiste una possibilità di addivenire a un accordo? O lo sciopero generale si avvicina?
«Abbiamo detto con chiarezza che ci mobiliteremo se non dovessero arrivare segnali precisi di apertura alle nostre richieste da parte del governo. Ma è chiaro che siamo pronti in ogni momento a riprendere il dialogo, che è sempre la strada migliore. È necessario aprire un confronto serio sul sistema pensionistico per evitare lo scalone di cinque anni dal gennaio 2022, correggere le tante storture della legge Fornero e costruire un patto tra generazioni che faccia entrare i giovani nel mercato del lavoro e inietti tanta nuova energia nel sistema produttivo. Alla base c'è un principio: le pensioni non sono una gentile concessione, ma salario differito, frutto di tanti anni di sacrifici delle lavoratrici e dei lavoratori».
Aumentare le risorse per flessibilizzare le uscite potrebbe incidere in negativo sugli stanziamenti per il taglio del cuneo. Non si rischia di combattere una battaglia di retroguardia?
«Non vedo francamente questi rischi. Le risorse per rendere flessibili le uscite a partire da 62 anni o con 41 anni di contributi si possono attingere dai risparmi assicurati in questi anni dalla legge Fornero e dai molti fondi non utilizzati di quota 100. La sostenibilità è garantita. Quanto al cuneo fiscale, gli stanziamenti vanno destinati al taglio delle tasse a lavoratori e pensionati se vogliano dare una spinta ai consumi interni, alle attività economiche ed all'occupazione. Per questo vogliamo un accordo chiaro con il governo, legato alla riforma strutturale del sistema fiscale che deve puntare ad una redistribuzione più equa dei carichi a misure più efficaci di lotta all'evasione».
Nella piattaforma sindacale c'è anche una pensione «di garanzia» per i giovani. Ma, anche in questo caso, non sarebbe meglio insistere sulla loro impiegabilità a tutto campo?
«La costruzione di una rete di garanzia per i giovani è un cardine della nostra proposta e non è assolutamente alternativo, ma anzi è coessenziale alle politiche attive per l'occupabilità e per il lavoro di qualità. I giovani e le donne sono i più penalizzati dal sistema contributivo per via del lavoro precario e delle carriere discontinue: bisogna mettere in campo una pensione di garanzia che assicuri loro un assegno e un futuro dignitoso. Parallelamente vanno costruite condizioni per un lavoro stabile, sicuro e di qualità impegnando le leve delle politiche attive e di un grande piano per la formazione e crescita delle competenze. Il Pnrr deve puntare anche a questo».
È d'accordo con le pesanti critiche del suo collega Landini ai contratti flessibili che pure hanno contribuito ad una ripresa dell'occupazione?
«La flessibilità del lavoro, se ben governata, è uno strumento che può aiutare, specialmente nelle fasi di ripresa. Il problema è non imbrigliare il lavoro con troppe norme calate dall'alto, come è accaduto in passato, ma lasciare spazio alla libera e autonoma contrattazione».
La ritrovata unità sindacale sta creando lacerazioni nella maggioranza. Vi preoccupa l'instabilità del quadro politico viste le cogenti scadenze del Pnrr?
«Non vedo relazione tra l'azione unitaria del sindacato e un'eventuale turbolenza politica nella maggioranza. Semmai è vero il contrario.
Questo governo di larghe intese ha l'opportunità di agganciare le riforme a una piattaforma sociale solida e responsabile. La via della partecipazione è la migliore per uscire in positivo dalla crisi. Ecco perché chiediamo a Draghi di recuperare quello spirito che lo ha portato appena un mese fa a parlare di patto sociale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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