Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, e l'ultrà filocinese per eccellenza nel M5s, il senatore Vito Petrocelli. Ma soprattutto Beppe Grillo. O meglio, il suo Blog. Il rapporto tra i Cinque Stelle e la Cina ha attraversato diverse fasi. L'iniziale avversione per il Dragone, testimoniata ancora da vecchissimi post sulla vicenda della minoranza degli Uiguri e sulla questione del Tibet. Poi c'è stato l'appoggio monolitico alla causa del regime comunista di Xi Jinping. E adesso i grillini sono divisi anche sul supporto a Pechino. Molto più freddo da parte di Di Maio e dei suoi, intatto per Grillo e per l'ex stellato Di Battista. Ma dicevamo del Blog del fondatore. Ecco alcuni titoli di articoli dedicati alla Cina negli ultimi anni: «La Cina e il governo del cambiamento» (11 giugno 2018), «Coronavirus: la Cina ne uscirà più forte» (12 febbraio 2020), «Cina - Italia: un destino condiviso» (12 marzo 2020), «La Cina inaugura il ponte sul mare più lungo del mondo» (23 ottobre 2018), «In Cina sul mercato le prime auto senza guidatore» (26 marzo 2018). E sono solo alcuni degli innumerevoli post dedicati, soprattutto negli ultimi tre anni, a magnificare le magnifiche sorti e progressive del paradiso cinese. Un feeling culminato nei due faccia a faccia in due giorni di Beppe Grillo con l'ambasciatore cinese a Roma Li Junhua nel novembre del 2019, con tanto di pesto donato al diplomatico.
Sul Blog di Grillo a fine marzo scorso compariva un articolo di Fabio Parenti, docente di Economia politica a Pechino. Nel commento si negava la persecuzione da parte del governo cinese ai danni della minoranza musulmana degli Uiguri nella regione dello Xinjiang. Per il collaboratore del Blog le accuse dell'Occidente farebbero parte di un complotto «per bloccare lo sviluppo della Cina e la sua rinnovata influenza internazionale». Ancora più ardite le tesi sostenute dal senatore Vito Petrocelli, vicepresidente Commissione Esteri a Palazzo Madama, che ha apposto la sua firma in un controverso rapporto sullo Xinjiang. Nel testo viene ridotta a «sensazionalismo» la violenza contro gli Uiguri, vittime di quelle che sono definite «presunte repressioni». Elogi e difese d'ufficio anche da Alessandro Di Battista. Gli ultimi complimenti ad aprile 2020, quando l'ex deputato scriveva sul Fatto Quotidiano che «la Cina vincerà la terza guerra mondiale senza sparare un colpo». E che l'Italia sarebbe stata dalla parte giusta in virtù «di un rapporto privilegiato con Pechino, merito di Di Maio». Il ministro degli Esteri in realtà si stava cominciando già ad allontanare dalle sirene cinesi e aveva costruito buone relazioni con l'ex segretario di Stato Usa Mike Pompeo. Di Maio però aveva firmato il memorandum della Via della Seta da ministro gialloverde. Un patto che vale 2,5 miliardi di euro, con un potenziale di 20 miliardi. Secondo un rapporto del Copasir del novembre dell'anno scorso, a fine 2019 erano 405 gli investimenti diretti di società cinesi in Italia, con un flusso di capitali pari a 4,9 miliardi nel 2018. Senza dimenticare il nodo del 5g.
Ed ecco le parole del sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, che ad aprile 2020, intervistato dal giornale South China Morning Post, faceva professione di fede: «L'Italia è ancora orgogliosa di far parte dell'Ue, ma vogliamo essere il più vicino possibile alla Cina».
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