Da Bologna a Teheran: Mehdi morto di torture dopo 20 giorni di agonia

Il 30enne era in coma per le brutali violenze. Aveva studiato in Italia. Il messaggio di Zaki

Da Bologna a Teheran: Mehdi morto di torture dopo 20 giorni di agonia

Morto dopo terribili torture e lunghi venti giorni di coma. E' stata la sorte dell'ultima vittima del regime degli Ayatollah iraniani. Mehdi Zare Ashkzari era un giovane iraniano poco più che trentenne. Il giovane nel 2015 aveva studiato Farmacia a Bologna, dove aveva lavorato anche nella pizzeria d'asporto Ciao per mantenersi gli studi. Due anni fa era tornato a Yazd, una città dell'Iran centrale, a causa della morte della madre e in questi mesi aveva preso parte alle proteste che attraversano il Paese da più di 3 mesi e mezzo. La notizia è stata data dal portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury. Mehdi è stato torturato «tanto, al punto che dopo 20 giorni di coma è morto», ha spiegato Noury in base a fonti in Iran. Il giovane sarebbe stato rilasciato dopo i pestaggi per evitare si sentisse male mentre era in cella, ma subito dopo è entrato in coma.

«Era un mio amico», racconta Roozbeh Sohrabianmehryazdi, iraniano di 33 anni che vive a Bologna dal 2014, laureato in statistica, economia e impresa: Quando è morta sua mamma, quasi un anno e mezzo fa, lui è tornato in Iran ma siamo rimasti in contatto. Mentalmente non stava bene per la perdita della mamma e poi aveva dei problemi con il permesso di soggiorno e non è riuscito a tornare subito in Italia - ha raccontato -. Da quando è iniziata la rivoluzione lui scendeva tutti i giorni in piazza, poi l'hanno arrestato». Mehdi è uscito dalla cella ma è passato in un letto d'ospedale. Roozbeh Sohrabianmehryazdi ha rivelato anche che: «Il governo iraniano quando rilascia una persona dal carcere fa una iniezione che non si sa cosa sia. Lui dopo la puntura è finito in ospedale, è andato in coma ed è morto dopo venti giorni. Aveva tutti i denti rotti, anzi non li aveva più».

È intervenuta sulla tragedia anche la professoressa Rita Monticelli, durante la marcia della pace a Bologna. Monticelli è coordinatrice del Master Gemma, frequentato da Patrick Zaki e delegata del sindaco ai diritti umani e al dialogo interreligioso e interculturale. «Esprimiamo tutta la nostra indignazione, sconcerto e dolore per tutti gli studenti iraniani che hanno perso la vita per la libertà di tutti». Mentre la vicesindaca di Bologna Emily Clancy, ha affermato: «Da Bologna mandiamo un pensiero molto forte alla famiglia di Mehdi Zare Ashkzari. A tutta quella popolazione che lotta per quella libertà di donne e uomini in Iran». Anche Patrick Zaki, lo studente egiziano dell'Unibo arrestato in patria e tuttora sotto processo per reati d'opinione, ha così espresso la sua vicinanza: «Unibo ha ora una nuova vittima della libertà di espressione. Purtroppo, questa volta, era troppo tardi per salvarlo».

Ma la repressione continua implacabile. Le autorità iraniane hanno ora arrestato diversi calciatori. Il motivo? Partecipavano a una festa privata di Capodanno mista di uomini e donne nella parte orientale di Teheran, nella località di Damavand. Secondo l'agenzia Tasnim, «alcuni di questi giocatori non erano in uno stato normale» perché avevano «consumato alcol». La legge iraniana vieta il consumo e la vendita di alcolici e le feste in cui mescolano persone di sesso differente. La magistratura iraniana considera inoltre le feste notturne come un esempio di «anormalità e corruzione sociale».

Un tempo le feste nelle case private venivano tollerate, più di recente - e soprattutto dopo le proteste - vengono considerate fuorilegge. Inoltre, dopo l'inizio della ribellione diversi calciatori iraniani hanno criticato il regime. Molti di loro sono stati arrestati o minacciati.

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