Da Bolzano a La7, la vita (in video) di una radical speck

Prima donna a condurre un tg serale, è sempre preparata, gelida e inflessibile (soprattutto con chi non ha le sue idee)

Da Bolzano a La7, la vita (in video) di una radical speck

Per avvalorare il sospetto, latente nel telespettatore, che in tv siano tutti amici, in particolare delle donne «Ciao Bianca, come stai?», «Federica grazie per l'invito!», «Milena, complimenti per la trasmissione» - tutti la chiamano Lilli. Soprattutto Beppe Severgnini, che quando vede una Gruber in tv, una sera sì e l'altra sì, è come se ogni volta l'Inter vincesse la Champions. Lilli! Lillina! Lilluzza! Lilli qui, Lilli qua, Lilli qui quo qua: quote rosa, leather jacket e gonna midi di Gucci. Ma perché non la chiamano Gruber?!

Perché all'anagrafe il suo nome è Dietlinde, dalle radici germaniche diot, «popolo», e linde, «tenero», quindi «benevola verso il popolo». Da qui il suo populismo a Cinque Stelle.

Stella televisiva di prima grandezza, taglia minuta ma inflessibile, soprattutto con le idee diverse dalle sue, primadonna (tutto attaccato) a condurre un Tg serale e inviata speciale nelle zone più calde del pianeta (il centro storico di Bolzano, le guerre nella ex Jugoslavia, Iraq, New York dell'11 settembre, i corridoi della Rai...), Lilli Gruber quando compì i *0 anni - l'età delle telegiornaliste non si dice, è più importante lo share - intervistata da un noto magazine della Cairo editore (può succedere), disse di sé: «Il tratto principale del mio carattere? L'insopportabile forza di volontà». Lasciando ai lettori la scelta di mettere l'accento su «forza di volontà» o «insopportabile».

Più che insopportabile diciamo intoccabile. Quando, giorni fa, ha scoperto che qualcuno sta raccogliendo le firme per tenere Concita De Gregorio al suo posto anche dopo l'estate a Otto e mezzo, la Gruber ha minacciato di annettere La7 alla provincia autonoma di Bolzano. Trouser, Parenzo e Anschluss.

Dubbio a margine. Ma è Veronica Gentili che sembra una Gruber che non ce l'ha fatta o è la Gruber che non ce la fa a essere considerata collega della Gentili?

Bassa Atesina e altissima considerazione di sé, sempre prima della classe, già dai tempi del Kindergarten, laurea in lingue cum laude und Krapfen, Lilli Gruber è stata sempre la migliore: a scuola, studentessa modello delle Marcelline di Bolzano, e sul lavoro, incarnazione dell'etica capitalistica del padre, imprenditore di un'azienda di macchine edili: la Tiger. L'aggressività è una dote di famiglia. Insomma, una donna perfetta, anche se nessuno alla fine la sopporta. Un po' come Bolzano: sempre in cima alla classifica delle migliori città italiane per qualità della vita, ma nessuno ci andrebbe mai ad abitare.

Infatti se ne è andata prestissimo anche lei. Dal Südtirol alle vette dell'informazione per la Gruber è stato una discesa, libera. Quotidiani L'Adige e Alto Adige, quindi in Rai, prima a Sender Bozen, il canale di lingua tedesca, poi, primi anni Ottanta, al Tg regionale del Trentino-Alto Adige. Ma il traguardo è la Rai che conta. Tg2 e Tg1. Dove si fa notare per due cose. La seconda: da inviata riuscire a parlare per un intero servizio della dittatura dell'est Europa senza citare la parola comunismo, che è un po' come parlare un quarto d'ora della nipote di Mubarak senza fare il nome di Berlusconi. La prima: da conduttrice scegliere una postura atipica in video per un mezzobusto.

Sempre di tre quarti davanti telecamera, ma teutonicamente allineata al Pci-Pds-Pd, Lilli Gruber, ligia ai suoi due principi giornalistici - primo, mai mettere il formaggio sui canederli; secondo, sempre sovrapporre i fatti alle opinioni - nel 2004 lascia la Rai e si candida con l'Ulivo alle elezioni per il Parlamento europeo. Avanti, miei Prodi. Bandiera rossa, riflessi ramati e radical speck.

Non è mai troppo tardi per denunciare gravi ingerenze della politica sulla stampa. Basta entrare in un partito.

Che poi. Le accuse di certa destra contro il mondo progressista e la sua supposta superiorità intellettuale, l'inclinazione alla doppia morale, lo snobismo esistenziale e le infatuazioni modaiole («Quest'estate cosa va? Ancora il Ddl Zan o torniamo allo Ius soli? No, sai: ho ancora nell'armadio le cerate gialle di Greta»), diciamolo, hanno stancato. Più che un vizio, quella della sinistra è una missione: considerare gli altri una massa di analfabeti da indottrinare. Se no, a cosa servono i talk show?

Gelida come i ghiacci del Klockerkarkopf, paladina del potere femmine (ma di quel femminismo che detesta le donne: nessuna trasmissione ne ha mai invitate così poche, al massimo Jasmine Trinca, o la Golino, immunologhe a parte), icona della comunità LGBT (categoria Bdsm) e pasionaria al profumo di caviar, Lilli Gruber, la Madame Verdurin dei salotti tv orecchini diversi ogni sera, luci sparate in viso e impegnative sessioni di trucco - è dal 1980 che sta in video, sacrificando la famiglia - più filler, meno figli - e dal 2008 conduce Otto e mezzo su La7. Insomma: il voto medio della trasmissione (7, non 8 e mezzo), che resta ottima, al netto del «Punto di Paolo Pagliaro», la nota più di parte della storia dell'informazione italiana dopo i corsivi sull'Unità di Togliatti.

Lei, Frau Iotti-Gruber, però, merita di più. Diciamolo: un 10 ripieno, come lo Strudel. Professionalmente è impeccabile, e chi lo nega è una Giorgia Meloni. Preparata, è preparatissima: lei studia, alla faccia di quegli ignoranti dei salviniani che leggono solo il Sudoku e Terra Insubre. Parla altre tre lingue: il tedesco (come pronuncia lei Lufthansa), il francese (è una delle poche a stimare Macron, quando lo declama con quella erre moscia) e l'inglese, lingua ufficiale del Gruppo Bilderberg. Ma soprattutto come sceglie gli ospiti, lei a seconda delle preferenze politiche nessuna. E come interrompe lei, ancora meno: come si sa non sono le domande, ma le interruzioni a svelare l'ideologia di un programma. E per quanto riguarda arroganza e faziosità «Guardi che le faccio togliere l'audio!».

Più faziosa ma meno antipatica di Gad Lerner, più arrogante ma meno appariscente di Rula Jebreal («Sessismo, sessismo!»), più onesta intellettualmente e meno untuosa di Formigli, Lilli Gruber in realtà almeno: è la sensazione di noi telespettatori occasionali, per i quali Otto e mezzo è quello di Fellini non vorrebbe neppure fare finta di passare per intellettuale. Dipendesse da lei scriverebbe per Novella 2000. O Dipiù, che è di Cairo. Altrimenti non si spiega quel sottile godimento che la tradisce pupille a spillo e S sibilante quando chiede a SSSSalivini se in spiaggia ci va in ssssslip, o vuole sapere dalla Bosssssschi chi stava baciando al parchetto senza mascherina. Ma scusi, Gruber: noi le chiediamo quanti migranti clandestini può ospitare la sua villa in Sardegna?

Per il resto, aspettando il ritorno della sua conduzione a Otto e mezzo vorremmo che l'estate non finisca mai - resta da capire, come ha insinuato un giornale malevolo, il rapporto inquietante che lega La7 e il Fatto quotidiano, per le cui firme la Gruber ha un più che un debole. Travaglio, Scanzi, Padellaro Tanto rigore per non avere un editore, e finire tutte le sere chez Cairo.

Sposata con un giornalista, vedova di Conte, gentilissima fino al secondo prima che si accenda la luce rossa della telecamera, inesorabile il secondo dopo (regola base: con gli ospiti maschi, di destra, cattolici non si fanno prigionieri), alla fine nel suo ruolo di

Signora del sinistrismo aristocratico-televisivo, resta la migliore, oltre che l'unica. E le critiche? Non se ne cura. Lilli Gruber, da sempre, ha le spalle larghe.

E non solo perché predilige le giacche imbottite di Armani.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica