Le imprese italiane stanno soffocando tra caro-energia e pressione fiscale ai massimi: è giunto il momento di dare continuità al riformismo di Mario Draghi e di sbarcare dall'esecutivo le forze che vi si oppongono, a cominciare dai Cinque stelle e dalla sinistra Pd che nel ministro Orlando trova un riferimento in un dicastero chiave come quello del Lavoro.
È questo il programma che il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ieri ha sintetizzato all'assemblea di Assolombarda, la più importante territoriale del sistema che raggruppa tra Milano, Brianza e Lodi il 20% del Pil italiano. A causa del caro energia «la stima per la bolletta delle imprese è ora intorno agli 80 miliardi», ha detto il leader di Viale dell'Astronomia ricordando che la precedente stima si aggirava sui 60 miliardi di euro. «Da qui a luglio è a rischio la produzione di un'impresa del territorio su quattro ed entro un anno la produzione di più della metà delle aziende», gli ha fatto eco, il numero uno di Assolombarda, Alessandro Spada. A rincarare la dose i dati Istat sui prezzi alla produzione di aprile saliti del 35,3% su base annua (in leggero rallentamento sul +36,9% a marzo).
Alla politica compete essere responsabile e seguire gli indirizzi di Draghi senza pensare alle elezioni dell'anno prossimo. «Non va bene l'aria di sciogliete le righe e di sabotaggio del futuro dell'Italia e dei giovani, a noi non piace per niente», ha ribadito Bonomi. Il presidente di Confindustria ha le idee chiare e, se potesse, cambierebbe immediatamente il ministro del Lavoro Orlando che ha fatto «una scelta incomprensibile» estendendo la vecchia cassa integrazione a numerosi soggetti. «Continuiamo solo a pagarla noi dell'industria: basta, non siamo bancomat di Stato per la cassa integrazione ordinaria», ha rimarcato precisando che «le risorse della cassa sembrano dello Stato, ma l'industria italiana versa 3 miliardi all'anno e ne riceve per 600 milioni».
Solo Draghi può cambiare un sistema del welfare che ormai non funziona più e che ha costi «ormai inaccettabili e insostenibili». Secondo Bonomi, «se aumenta così tanto la spesa e non riesce a ridurre la povertà, allora fallisce» perché «in 11 anni non abbiamo sconfitto la povertà, l'abbiamo raddoppiata: le persone che hanno problemi ad arrivare a fine mese erano 6,5 milioni nel 2008 e sono saliti a 8,8 milioni nel periodo pre-Covid che era comunque ancora un anno di crescita». L'Italia, alla fine, è un Paese che sa solo spendere: dal 2009 il debito pubblico è aumentato di 800 miliardi tutti dissipati in mance e mancette. «Siamo partiti dal bonus di 80 euro e abbiamo continuato con decine di bonus più svariati, ora anche il bonus psicologo: è un Paese che ha dei problemi», ha stigmatizzato sottolineando la necessità di interventi strutturali.
La proposta di Confindustria di tagliare il cuneo fiscale per 16 miliardi «non ha avuto risposta dopo quasi tre mesi», ha spiegato Bonomi ammettendo che «dobbiamo pagare di più e valorizzare i giovani, ma abbiamo un competitor quando assumiamo: il reddito di cittadinanza». «Siamo arrivati al paradosso di un ministro del Lavoro che deve trovare lavoro ai navigator che erano stati presi per trovare lavoro a chi non ce l'aveva, l'apoteosi!», ha concluso.
Il ministro dell'Economia, Daniele Franco, per ora non si scompone anche se alcune critiche sono condivise, ma ora gli obiettivi sono altri.
«Viviamo in un momento di grande incertezza» ma il governo è impegnato per «evitare che il Paese torni in recessione» ed «è dalle imprese che primariamente verrà la ripresa», ha detto a un convegno della Consob. Non gli resta che telefonare a Bonomi.
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