«A bbiamo raggiunto un accordo eccellente che consentirà al Regno Unito tutto di uscire dall'Europa il 31 ottobre e di decidere che cosa vogliamo essere, riprendendo il controllo del nostro futuro». È l'unico veramente raggiante il premier britannico Boris Johnson nella conferenza stampa congiunta che ieri ha annunciato il raggiungimento di un nuovo accordo su Brexit. Le autorità europee appaiono stremate dalle lunghissime negoziazioni degli ultimi giorni e non nascondono la tristezza per l'abbandono inglese, ma sono sicuramente sollevate davanti alla prospettiva di mettere la parola fine a un capitolo lasciato aperto per più di tre anni. Per chiuderlo Johnson ha cancellato il tanto odiato backstop irlandese e ieri ha invitato i colleghi parlamentari a «sostenere questo ottimo piano, portando a termine la Brexit». «Questi anni di negoziazioni non sono stati facili ha ammesso il primo ministro sono stati lunghi, dolorosi, divisivi. Questo è il momento di rimanere uniti e di lavorare per costruire nuove relazioni che ritengo potranno essere estremamente positive per entrambe le parti». «Questo testo fornisce certezze legali in ogni area ha spiegato il capo negoziatore europeo Michael Barnier cancellando i dubbi che sono durati fin troppo a lungo, sui diritti dei cittadini, sulla sicurezza, sullo stesso periodo di transizione». Esprime tristezza e un senso di fallimento per l'uscita del Regno Unito il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk che, sebbene confermi che il piano «garantisce l'integrità del mercato unico e ci consente di evitare caos e conflitti tra le due parti», confessa di essere sempre stato un Remainer e di aver sperato fino all'ultimo che la Gran Bretagna cambiasse idea. «Se i nostri amici un giorno decidessero di tornare ha dichiarato ieri le nostre porte rimarranno sempre aperte». Più pratico e sbrigativo il presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker che esclude persino l'ipotesi di una proroga. «Abbiamo raggiunto un accordo, non ce n'è bisogno» risponde ai giornalisti, ma più tardi, quando qualcuno chiede che cosa direbbe a quel 48% di cittadini inglesi che avevano votato per rimanere in Europa, Juncker non ha esitazioni: «Gli direi che avevano ragione» risponde.
Nel dettaglio il testo che ora dev'essere approvato dal Parlamento inglese e da quello europeo differisce dal precedente soltanto per quanto riguarda la questione del confine irlandese. Azzerato il backstop, il nuovo piano prevede che il Nord Irlanda rimanga legalmente nel territorio doganale del Regno Unito, ma nella pratica sia allineato al regime fiscale europeo. Nessun confine duro tra le due Irlande e controlli doganali soltanto tra la Gran Bretagna e l'isola d'Irlanda, fisicamente posizionati nei porti e negli areoporti. Un sistema che verrà sottoposto al voto dell'Assemblea nordirlandese ogni quattro o otto anni. Esprime soddisfazione anche il primo ministro Leo Varadkar che definisce l'accordo «equo e soddisfacente per la popolazione irlandese». Il grosso sembra fatto, ma le cose non stanno proprio così. Mentre l'approvazione del Parlamento europeo appare scontata, non lo è affatto la risposta di quello britannico che si riunirà in seduta straordinaria domani. Il partito unionista ha già dichiarato di non poter appoggiare un simile accordo e i loro voti appaiono determinanti per consentire a Johnson una vittoria sicura. Restano contrari i laburisti, i liberaldemocratici e i nazionalisti scozzesi.
Secondo il leader laburista Jeremy Corbyn il piano di Johnson appare «peggiore anche di quello portato a casa da Theresa May» e invita i parlamentari a bocciarlo, mentre la leader dei LibDem Swinson dichiara decisa «la guerra sulla Brexit non è finita». Gli analisti ritengono che le possibilità che il piano passi siano il 50%, quel tanto che basta a far volare le borse e la sterlina, che guadagna terreno per la prima volta dopo mesi di caduta libera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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