Buche, mafia e leggi, le Olimpiadi a Roma sarebbero un disastro

Buche, mafia e leggi: con la candidatura per il 2024 rischiamo solo di consolidare la nostra fama di corrotti e corruttori

Buche, mafia e leggi, le Olimpiadi a Roma sarebbero un disastro

Non abbiamo paura delle Olimpiadi, eventi quadriennali appassionanti e spettacolari che seguiamo con partecipazione, talvolta morbosa. Basti pensare che ci eccitano perfino discipline non molto praticate quali il tiro con l'arco, il tiro al piattello, il sollevamento pesi e la lotta libera. Il problema che ci poniamo non è di tipo sportivo, figuriamoci. Pensiamo piuttosto che se la preparazione strutturale della manifestazione, voluta da Matteo Renzi a Roma per l'edizione del 2024, fosse affidata a gente poco raccomandabile come Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, per citare due campioni inarrivabili, consolideremmo la nostra fama di fottutissimi corrotti e corruttori.

È pur vero che il 2024 è lontano (da qui ad allora passerà molta acqua sotto i ponti, speriamo pulita) e, casomai l'Italia fosse la sede prescelta per i Giochi di quell'anno, avremmo il tempo necessario per rifarci una reputazione. Ma l'esperienza, purtroppo, insegna che in Italia l'unica cosa che progredisce è il degrado. Pertanto non riusciamo a essere ottimisti circa il ravvedimento dei ladri che si annidano in qualsiasi settore, specialmente (ma non solo) in quello pubblico.

Diciamo chiaramente che l'idea di ospitare le gare nella capitale, a Firenze, a Napoli e in Sardegna è gonfia di cattivi presagi. Intanto Roma, pur essendo teoricamente meravigliosa, in pratica non è una metropoli civilissima dal punto di vista organizzativo e dell'efficienza. È un casino infernale dove i visitatori perdono la trebisonda e la pazienza, inghiottiti come vengono da un traffico surreale, da una folla acefala in cui ciascuno si arrangia (anche disonestamente, di sicuro in modo indisciplinato) come può per sopravvivere. I vicoli hanno una pavimentazione sconnessa, le strade sono disseminate di buche se non di crateri, e chi le attraversa rischia di essere travolto e «stirato» dalle automobili impazzite.

Se le Olimpiadi fossero l'occasione per restituire l'Urbe alla sua bellezza originaria, saremmo i primi a farcene promotori entusiasti; ma il realismo, essendo gemello del pessimismo, ci conduce a sconsigliare il premier di insistere: non abbiamo i mezzi né l'educazione civica per realizzare simile progetto. Siamo arraffoni e sbruffoni, smargiassi e gradassi: non possiamo che rimediare l'ennesima brutta figura. Si ricorda, caro presidente Renzi, dei mondiali di calcio del '90? I parcheggi attorno a San Siro (Milano) vennero pronti due anni dopo il termine delle partite. E gli hotel? Pure. Insomma, fu una catastrofe. Evitiamo un bis.

Ha presente poi Atene? La Grecia pretese e ottenne i Giochi. Le portarono sfiga, come si evince dalle condizioni pietose in cui versa il Paese da almeno un triennio. Le grandi opere non sono pane per i nostri denti, e neppure le piccole. Giustamente, lei cita a esempio le Olimpiadi del 1960 che si svolsero a Roma, in un ambiente dignitoso, e filarono lisce come l'olio. Ammetterà tuttavia che era un'altra epoca. La città aveva (relativamente) pochi abitanti, non esistevano le mostruose borgate che riversano nel centro storico decine di migliaia di burini capaci di sfregiare qualsiasi pietra.

La gente era laboriosa e ordinata, impegnata a trovarsi un posto al sole, sognava la lavatrice, il televisore, il frigorifero e l'utilitaria (a rate). Oggi punta alla tangente. Per spirito imitativo copia i farabutti e i pidocchi della politica. Nel 1988 Milano si mise in testa di farsi regalare le Olimpiadi dal Comitato internazionale apposito, e l'amministrazione comunale si diede da fare annunciando la costruzione del Palazzo dello Sport, dello stadio per l'atletica, della piscina olimpionica eccetera. Tutte fanfaronate. Già allora mancavano quattrini, benché Milano fosse da bere. Solo una banda di ubriachi poteva aspirare a godersi in casa le più rinomate competizioni sportive senza disporre di adeguati impianti. Non se ne fece nulla, per fortuna. Quattro anni più tardi scoppiò Mani pulite.

Tutto concorre a farci desiderare che la fiaccola stia lontana dal Cupolone, il pericolo di ustionarsi è assai alto.

Conosciamo le obiezioni di coloro che non sentono ragioni e reclamano panem et circenses: è l'unico modo per superare le leggi e le leggine che impediscono di modernizzare Roma. Siamo d'accordo, ma ci sembra una soluzione migliore cambiare le norme, piuttosto che aggirarle col pretesto delle Olimpiadi. Agì bene Mario Monti quando disse no ai cinque cerchi. Gliene diamo volentieri atto.

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