Capitalisti falliti, «Repubblica» dimentica De Benedetti

Per Repubblica , sulla prima pagina di ieri, il possibile crac dei treni Italo non è che l'ultimo dei «59 grani del rosario» di un capitalismo italiano finito a pezzi. Partendo da un'immagine felice, come lo è l'intera prosa di uno scalfariano doc quale Alberto Statera, il commento stigmatizza gli ultimi disastri della nostra industria privata o privatizzata. Da Telecom all'Alitalia, passando appunto per i treni della Ntv di Montezemolo, Della Valle e Punzo e dai casi di gruppi in crisi che stanno per finire in mani straniere come Indesit o Riva. Analisi sagace e condivisibile, specialmente perché condita dell'ingrediente che rende tutto ciò ancor più inaccettabile e cioè la complicità delle banche nel sostegno di imprese mal gestite, ma controllate da soci amici, soliti noti, magari in triangolazione con la politica. Le stesse banche, aggiungiamo noi, riottose come mai in questi stessi anni a fare credito ai piccoli e medi imprenditori magari privi di agganci di alcun genere. Peccato però che si arrivi al grano numero 59 del (...)

(...) rosario senza che Repubblica citi, tra i crac clamorosi e recenti, l'unico veramente tale fino in fondo. Quella Sorgenia che, con 1,9 miliardi debiti (più del doppio dei 780 milioni di Ntv) e perdite fuori controllo, è finita nelle mani delle banche creditrici perché a un certo momento non aveva nemmeno più la cassa per pagare gli interessi. Mentre il suo principale azionista si è rifiutato di partecipare a un pur minimo aumento di capitale (si parlava di 150 milioni), preferendo uscirne del tutto. Tanto a rischiare erano solo la banche che generosamente, negli ultimi 5-6 anni, avevano prestato quattrini senza garanzie reali al gruppo energetico. Di chi parliamo? Naturalmente dello stesso primo azionista di Repubblica : la Cir, holding del gruppo fondato e controllato da Carlo De Benedetti fino a quando, un paio d'anni fa, ha donato le sue quote ai figli. Ora: capiamo bene, da «uomini di mondo», che un giornale non può pretendere di fare le pulci in prima pagina al proprio editore.

Allo stesso modo, però, non si può salire in cattedra e spiegare a tutti dove alberga il male del capitalismo, facendo pure nomi e cognomi, se poi si decide di omettere il nostro, parte integrante di quel sistema che si intende denunciare. Meglio desistere ed aspettare un'occasione migliore. A meno di non essere realmente accecati dal sacro furore della propria «diversità etica».

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