A quattro anni dal quel 6 gennaio 2021 che rimarrà un momento (e una macchia) indelebile nella storia americana, in quello stesso Campidoglio preso d'assalto dai sostenitori di Donald Trump, il tycoon vede sancito il suo ritorno alla Casa Bianca. Il Congresso si è riunito per certificare la sua vittoria, presieduto dalla vice presidente Kamala Harris. «Il Congresso oggi certificherà la nostra vittoria elettorale: un grande momento nella storia. Maga», scrive sui social il presidente eletto, ripostando poi una frase del suo first buddy Elon Musk secondo cui «se Trump non avesse vinto le elezioni la civiltà sarebbe andata perduta». L'eredità del 6 gennaio, tuttavia, incombe, e con uno sviluppo straordinario: il candidato che ha cercato di ribaltare le elezioni è colui che sta tornando legittimamente al potere dopo una vittoria travolgente.
Quattro anni fa 147 repubblicani votarono contro Joe Biden, scelto dagli elettori come 46esimo presidente degli Stati Uniti. Questa volta i democratici non hanno scelto lo stesso approccio, confermando senza drammi il responso del 5 novembre (The Donald per 312 a 226, numeri confermati ieri). I membri di Camera e Senato sono arrivati a Capitol Hill sotto il più stretto livello di sicurezza possibile e nemmeno la tempesta di neve che sta sferzando parte degli Usa dal Midwest alla costa orientale, inclusa la capitale Washington, ha interferito con il processo. «Dobbiamo impegnarci a ricordare il 6 gennaio ogni anno. Un giorno in cui la nostra democrazia è stata messa alla prova e ha prevalso. Dobbiamo ricordare che la democrazia, anche in America, non è mai garantita - scrive invece Biden in un editoriale sul Washington Post - Non dovremmo mai dimenticare che è la nostra democrazia a rendere tutto possibile, le nostre libertà, i nostri diritti, i nostri sogni. E che spetta a ogni generazione di americani difenderla e proteggerla». Mentre il leader della minoranza dem alla Camera, Hakeem Jeffries, sottolinea: «Due mesi fa, il popolo ha eletto Trump. Non ci sono negazionisti dalla nostra parte. Si dovrebbe amare il paese quando si vince e quando si perde. Questa è la cosa patriottica da fare, ed è l'America per cui i democratici della Camera combatteranno duramente. L'America è più grande di qualsiasi campagna, di qualsiasi elezione o di qualsiasi individuo».
Ora, resta da vedere quale sarà la sorte dei quasi 1.600 imputati del 6 gennaio, il cui destino dipende da Trump: il presidente eletto ha promesso di graziare molti dei soggetti accusati o condannati per crimini correlati all'attacco al Campidoglio, cancellando la loro punizione già nel primo giorno in carica, il 20 gennaio, e azzerando gli sforzi della giustizia di affrontare un assalto senza precedenti al cuore della democrazia americana. A poche ore dalla certificazione della sua vittoria in Congresso, intanto, Trump ha presentato un nuovo ricorso per cancellare la sua condanna nel caso pornostar, per cui il giudice Juan Merchan ha fissato la sentenza al 10 gennaio.
Il presidente eletto ha invocato nuovamente l'immunità presidenziale, negata da Merchan, e ha chiesto comunque un rinvio della sentenza fino a che non si pronuncerà una Corte Superiore ma in serata da Merchan è arrivato un altro no.
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