Il capo della Uno bianca: fatemi uscire

Fabio Savi fu condannato all'ergastolo per la scia di sangue di venti anni fa. I familiari delle vittime: "Fuori? Sarebbe tremendo"

Il capo della Uno bianca: fatemi uscire

Roma - Potrebbero spalancarsi presto le porte della prigione per Fabio Savi. Il «lungo», ex camionista cinquantaquattrenne, condannato all'ergastolo per i delitti commessi a Bologna dalla banda della Uno bianca tra il 1987 e il 1994, ha presentato ieri un'istanza per ottenere uno sconto di pena.

Questo significa che il detenuto, l'unico dei tre fratelli Savi a non essere stato poliziotto, potrebbe veder cancellata all'improvviso la reclusione a vita, che sta scontando in una cella del penitenziario di Spoleto. Qualora gli venisse riconosciuto il diritto di usufruire, a posteriori, del rito abbreviato, infatti, la sua condanna sarebbe ridotta a trenta anni e, conteggiando indulti e buona condotta, potrebbe presto essere libero. Il fascicolo è ora nelle mani di un collegio di giudici del Tribunale di Bologna, che dovrà decidere sull'istanza dal legale di Savi, l'avvocato Ada Maria Barbanera, facendo riferimento alla «sentenza Scoppola» del 2009 della Corte Europea dei diritti dell'uomo. Questa, recepita a sua volta dalla Corte costituzionale, si applica solo in poche condizioni e a un ristretto numero di casi.

Quindi la battaglia per l'ex compagno di Eva Mikula, leader con il fratello Roberto del commando di rapinatori, mai una lacrima, mai un rimorso, non sarà facile. «Anche io convengo con chi pensa che si tratti di una vicenda tremenda e che i delitti siano orrendi - sostiene l'avvocato Barbanera -. Però ritengo che dopo 20 anni si possa chiedere qualcosa e anche chi ha commesso le cose peggiori abbia diritto alla riabilitazione e alla dignità. Chi ha subito i crimini può giustamente ritenere che sia una cosa deplorevole. Io non lo credo».

Ma Bologna non ci sta. La notizia di questo tentativo è l'ennesimo schiaffo in faccia ai familiari delle ventiquattro vittime massacrate dalla banda che in quei sette anni seminò il terrore nel capoluogo emiliano, in tutta la Romagna e nelle Marche, causando anche cento feriti. «Non ha assolutamente diritto a uno sconto di pena - tuona Rosanna Zecchi, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime -. Ci batteremo perché resti in carcere. È una cosa tremenda, non ci lasciano in pace. Fabio Savi vuole uscire, con tutto quello che ha fatto. Chiederemo un incontro con i ministri dell'Interno e della Giustizia».

Poi lancia un appello ai magistrati. «Spero che capiscano che accettare l'istanza sarebbe una cosa grave nei confronti di tutta l'Emilia-Romagna e non solo - aggiunge Rosanna Zecchi -. Ventiquattro morti e oltre 100 feriti non si possono dimenticare. Lui fa la sua gara, noi faremo la nostra». E si parte domenica con un concerto organizzato dall'Associazione al teatro Manzoni, per ripercorrere i fatti di quegli anni e ricordare tutte le morti e le stragi della Uno Bianca.

Duro e determinato anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola. «La richiesta di uno sconto di pena è irricevibile - dice -.

Non si tratta di escludere il fatto che questa serva anche e soprattutto per recuperare le persone che hanno commesso reati. Il problema è diverso ed è che il reato commesso da queste persone è enorme. Per noi di Bologna questi fatti equivalgono al 2 Agosto e a cose di questo tipo».

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