Cari insegnanti ora vi tocca studiare

Cari insegnanti ora vi tocca studiare

So già che quello che sto per dire susciterà polemiche e indignazioni, perché se c'è una categoria di cui non si può parlare senza che venga giù il mondo sono gli insegnanti. L'ultima volta mi permisi di toccare il tema delle lunghissime ferie rispetto a altre categorie, e fui subissato da un centinaio di lettere di protesta. Degli insegnanti ovviamente. Più suscettibili ci sono solo i tassisti. Stavolta c'è l'eterno ritorno di una discussione: spesso gli insegnanti in Italia non sono poi così preparati, o quantomeno non si danno tanto da fare, e c'è chi risponde perché non sono abbastanza pagati. Mettiamo pure fosse vero, è davvero solo questione di denaro? Ci sono ottimi ricercatori pagati molto poco (e dovrebbero esserlo di più), i quali fanno lavori talmente eccellenti da essere chiamati all'estero, la famosa fuga dei cervelli. E una volta all'estero difficilmente ritornano, perché mica sono scemi.

Tuttavia il livello delle scuole del Sud è inferiore a quello del Nord, sebbene il potere d'acquisto dello stipendio sia superiore, e quindi come la mettiamo? Di conseguenza grande scandalo per le parole del Ministro Bussetti, il quale ha invitato gli insegnanti del Sud a impegnarsi di più. Non l'avesse mai detto. Considerazione non priva di fondamenti. Alla quale ne aggiungerei un'altra, a prescindere da Nord e Sud: un controllo culturale più severo del corpo docente, più corsi di approfondimento, e magari anche l'obbligo, non solo formale, di dover dimostrare di essere aggiornati, ciascuno nel proprio campo, e magari non solo nel proprio campo. Perché il ruolo dell'insegnante è a trecentosessanta gradi (o a trecentosettanta, secondo il nuovo angolo giro della ministra Lezzi). È successo a me anche recentemente, dopo aver spiegato a mia figlia di sei anni per sommi capi l'evoluzione, e lei è stata ripresa in classe per aver detto che le balene, per esempio, hanno ancora nel proprio scheletro le dita di quando erano mammiferi terrestri. Cosa faccio, irrompo in classe e mi metto a insegnare all'insegnante? Perché rispetto a mia figlia sarebbe diseducativo anche mettere in discussione l'insegnante, e però l'insegnante prima di rispondere che una cosa non è vera dovrebbe studiarla e verificarla. Se gli insegnanti fossero veramente preparati e costantemente aggiornati, dipendesse da me, gli darei anche più poteri e più soldi, mentre oggi, altro problema, è difficile per uno studente essere bocciato, e un insegnante severo rischia di essere processato dai genitori. Da una parte ci vorrebbero professori bravi, dall'altra studenti che studiano, e se non studiano ripetono, ma oggi è perfino peggio del Sessantotto.

Qui però si apre un'altra problematica, perché chi dovrebbe controllare la qualità dell'insegnamento? In un paese in cui per vigilare sui concorsi universitari si nomina un conduttore televisivo delle Iene? Oppure diamo un incarico pubblico a un attore comico, dove un vicepresidente del Consiglio non laureato e con molti problemi con l'italiano confonde l'Unicef con l'Unesco? Dove passa questo messaggio: «basta con questi plurilaureati, io porterò un sorriso». Insomma, penso che l'istruzione andrebbe riformata, ma non so proprio chi oggi potrebbe farlo. Non vorrei nominassero un'apposita commissione e che a dirigerla ci mettessero Alvaro Vitali.

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