L'appello per Gaza: "Tregua subito"

Roma, Parigi, Berlino e Londra: "Posta in gioco alta". I terroristi palestinesi: "Illusione"

L'appello per Gaza: "Tregua subito"
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Dopo 10 mesi di guerra e migliaia di vittime, c'è una pressione fortissima per arrivare a una tregua a Gaza. Un conflitto regionale più ampio, nel caso in cui i colloqui tra Israele e Hamas fallissero completamente, è una possibilità concreta che temono tutti. Il team di negoziatori continuerà a lavorare nei prossimi giorni sui dettagli prima dell'incontro al Cairo, atteso per mercoledì, secondo la testata statunitense Axios. Ma c'è ancora molta strada da fare. Anche se Joe Biden ha detto di essere «ottimista» sul fatto che si possa raggiungere un'intesa e ha aggiunto che avrebbe inviato in Israele il segretario di stato Antony Blinken nel fine settimana per continuare gli sforzi diplomatici. Un esponente dell'ufficio politico di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha però gelato le speranze: «Le parole del presidente Usa sono solo un'illusione». Mentre per i parenti degli ostaggi ancora a Gaza le trattative sono «l'ultima possibilità» per far uscire vivi i loro familiari.

Non è la prima volta che Biden afferma di pensare che un accordo sia vicino, ma non tutti condividono il suo cauto ottimismo. Né Hamas né il governo di Tel Aviv sono stati così positivi nelle loro risposte. E Israele ha pure accusato Hamas di essersi rifiutato di accettare un accordo per il rilascio dei rapiti. Molti israeliani invece sono scettici sul fatto che questo sia l'obiettivo principale di Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano ha insistito infatti sul fatto che una «vittoria totale» su Hamas è la priorità del suo governo. Nel frattempo, il nuovo leader del gruppo, Yahya Sinwar, continua a mostrare pochi segni di voler arrivare a un compromesso. Mentre l'organizzazione islamista e i suoi alleati sono convinti che Washington stia cercando di guadagnare tempo. Se l'Iran attacca Israele, sembrerà che sia Hamas ad aver minato i negoziati; invece, un duro colpo allo Stato ebraico indebolirà Netanyahu e lo spingerà ad accettare un accordo, secondo il gruppo. Il pressing internazionale intanto si fa sentire. Roma, Parigi, Londra e Berlino chiedono «una tregua subito, perché la posta in gioco è troppo alta».

Parole, per ora, vane: la scia di sangue continua nell'enclave palestinese. Le forze di difesa israeliane hanno affermato ieri mattina di aver «eliminato un certo numero di terroristi» nella zona centrale di Gaza centrale. Tsahal ha emesso anche nuovi ordini di evacuazione in aree nel nord di Khan Yunis e Deir al-Balah, e ha così ristretto ulteriormente la zona umanitaria in cui migliaia di sfollati hanno cercato rifugio dai combattimenti. Tel Aviv ha poi spiegato che erano diventati pericolosi per i civili «a causa di significativi atti di terrorismo» e del lancio di razzi e mortai.

Anche sul fronte Nord dello Stato ebraico la battaglia, per ora a bassa intensità, non si ferma.

Hezbollah ha lanciato circa 55 razzi in seguito a un raid di Tel Aviv nell'area di Nabatieh che secondo il ministero della Salute libanese ha ucciso 10 persone, tra cui una donna e due bambini, tutti cittadini siriani. Mentre un comandante della forza d'élite Radwan di Hezbollah è morto in un attacco di droni nel sud del Libano.

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