Al timone di una nave dei talebani dell'accoglienza recuperi 53 migranti illegali partiti dalla Libia senza sognarti minimamente di farli sbarcare nella vicina Tunisia oppure in un altro paese europeo, ma solo in Italia. Poi disubbidisci a un ordine del ministro dell'Interno di non entrare nelle acque territoriali italiane. E alla fine, pur di farli sbarcare, te ne freghi della motovedetta della Guardia di Finanza, che cerca di fermarti e la stritoli fra la fiancata della nave e il molo. In un paese normale ti sbatterebbero dietro le sbarre per un bel po'. In Italia non solo diventi un'eroina, ma ti viene garantita l'impunità «umanitaria» grazie ad una sfilza di archiviazioni tese a sancire che non hai compiuto alcun reato.
L'ultimo atto di questa commedia giudiziaria si è consumato ieri ribadendo che Carola Rackete ha fatto bene a violare l'ordine del Viminale di non entrare nelle acque italiane e ovviamente non ha favorito l'immigrazione clandestina.
Il ministro dell'Interno di allora, giugno 2019, era Matteo Salvini e gli sbarchi quell'anno sono stati 11.349. Oggi sono 64.364. Non solo: dopo il proscioglimento pieno della capitana tedesca qualsiasi comandante delle Ong del mare si sentirà libero di entrare in porto senza autorizzazione per sbarcare i migranti illegali.
Il via libera, di fatto, arriva dall'archiviazione della gip del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, che ha scritto: «Carola Rackete ha agito nell'adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale e internazionale del mare». Impunità «umanitaria» per il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il 12 giugno 2019, Colibrì, un aereo di una ong decollato da Lampedusa, individuò i migranti in mare. «Era un gommone in condizioni precarie e nessuno aveva giubbotto di salvataggio, non avevano benzina per raggiungere alcun posto» testimoniò Carola. In realtà una foto scattata dalla stessa Sea watch dimostrava che i tubolari del gommone blu risultavano gonfi e a bordo c'erano diverse taniche solitamente usate per il carburante. I «soccorsi» spesso sono dei «recuperi» grazie ai trafficanti che individuano le posizioni delle navi e lanciano i gommoni. La procura di Agrigento, dopo due anni, ha deciso che era tutto a posto.
Per di più la gip, accogliendo la richiesta di archiviazione del procuratore aggiunto Salvatore Vella, sostiene che la capitana di Sea Watch 3 «ha agito nell'adempimento del dovere perché non si poteva considerare luogo sicuro il porto di Tripoli». Una volta imbarcati i migranti la nave si trovava più vicina alla Tunisia, 69 miglia, rispetto alle 124 da Lampedusa, ma Carola ha puntato sull'Italia.
Nell'archiviazione di ieri si ribadisce che avere disobbedito al divieto del Viminale è una «condotta (...) scriminata dalla causa di giustificazione». Lo stato e il governo, che con Salvini aveva imposto i decreti sicurezza, di fatto, non hanno poteri per fermare i talebani dell'accoglienza. Il paradosso è che la Sea Watch 3 «non può essere considerata come luogo sicuro - scrive la gip - oltre a essere in balia degli eventi meteorologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse». Se così fosse non si capisce perché può svolgere sistematiche operazioni di «soccorso» nonostante la Guardia costiera avesse ripetutamente chiesto lo stop della nave per mancanza di certificazione e attrezzature necessarie.
Il vero epitaffio giudiziario sul caso Rackete è arrivato nel 2020 dalla Corte di cassazione, che aveva sancito l'illegittimità dell'arresto e lo scorso maggio con una prima archiviazione delle accuse di resistenza a pubblico ufficiale e violenza a nave da guerra per lo «schiacciamento» della motovedetta della Finanza.
Sea Watch canta vittoria e Open arms assieme a Greenpeace, costola ecologica dei talebani dell'accoglienza, puntano il dito contro Salvini auspicando che l'archiviazione diventi «un punto fondamentale per la vicenda che vede l'ex ministro dell'Interno accusato di sequestro di persona» a Palermo.
Nel mondo alla rovescia delle Ong del mare
con 788 migranti su tre navi da sbarcare in Italia per Natale il totale proscioglimento di Carola Rackete è un'arma di pressione in più. E se qualcuno osasse opporsi si può sempre forzare impunemente l'ingresso in porto.
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