Una sentenza di una ventina di pagine per dire che il decreto Sicurezza, quello targato Salvini che recentemente ha imposto una stretta sull'accoglienza dei migranti, non è retroattivo. Lo hanno stabilito neanche un mese fa i giudici della Cassazione e quella decisione sta cominciando ora a fare sentire i propri effetti, di fatto stemperando la legge voluta dal vicepremier.
Se dopo l'entrata in vigore del provvedimento bandiera della Lega, lo scorso 5 ottobre, che ha abrogato i permessi di soggiorno per motivi umanitari, le apposite commissioni territoriali avevano cominciato a stringere sulle concessioni, dopo il deposito della sentenza, lo scorso 19 febbraio, è stata registrata un'inversione di tendenza con un picco di rifugiati che hanno ottenuto protezione. I dati del Viminale, pubblicati ieri da Repubblica, sono clamorosi e dimostrano che la pronuncia dei giudici ha ridimensionato il decreto Salvini, riaprendo alla protezione umanitaria: se a gennaio soltanto 150 rifugiati erano riusciti ad ottenere un permesso umanitario, cioè solo il 2 per cento di chi ne aveva fatto richiesta, a febbraio ne sono stati rilasciati invece ben 1.821, il 28 per cento del totale delle richieste, con una crescita di oltre il 1200 per cento. Mentre 425 persone hanno ottenuto lo status di rifugiati e 274 la protezione sussidiaria.
I giudici della Cassazione si sono «scontrati» con il decreto sicurezza perché, per esaminare il ricorso di un cittadino della Guinea al quale il Tribunale di Napoli aveva detto no alla domanda di protezione umanitaria, si sono dovuti porre il problema di quale normativa applicare, dal momento che al momento di entrare in camera di consiglio la nuova legge era già entrata in vigore. Alla fine hanno concluso che l'abrogazione del permesso per motivi umanitari voluta dal governo vale solo per chi la domanda di asilo l'ha presentata dopo l'entrata in vigore del provvedimento, cioè successivamente al 5 ottobre. Le domande presentate prima di quella data saranno esaminate con la vecchia normativa e nel caso in cui vengano ritenuti sussistenti «i gravi motivi di carattere umanitario» allo straniero verrà rilasciato un permesso di soggiorno recante la dicitura «casi speciali», della durata di due anni, alla scadenza del quale opererà il nuovo regime. Quando per la prima volta a febbraio si è parlato della sentenza della Cassazione, Salvini aveva minimizzato dicendo che quella pronuncia non avrebbe cambiato nulla e che il suo decreto piuttosto stava risolvendo tanti problemi. I dati in realtà raccontano una storia meno incoraggiante e dimostrano che i giudici hanno trovato il modo di depotenziare una legge che fin dal principio è stata bersaglio di critiche.
In realtà già il Tar della Basilicata recentemente aveva stabilito che il principio di irretroattività vale anche in materia di accoglienza e che dunque chi è arrivato in Italia prima del 5 ottobre, ottenendo un permesso per motivi umanitari, secondo la normativa precedente non può essere allontanato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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