Tornato negli Stati Uniti, gli amici mi chiedono con ansia sospettosa a che cosa vada incontro l'Italia.
Il primo è il mio conducente, Alexandro, sangue misto brasiliano e russo: «È vero chiede - che Berlusconi tornerà al governo?». Rispondo che è augurabile dopo il verticale fallimento delle sinistre mentre il Paese è sotto l'assedio di un particolare cretinismo populista secondo cui i problemi non si risolvono facendo crescere la ricchezza, ma borseggiando con destrezza il ceto medio che se non si sveglia andando verso la destra liberale, vedrà svaligiate le proprie eredità, i patrimoni e le prime case, affogando nei debiti. Alexandro commenta che se le cose stanno così, l'Italia finirebbe come il Venezuela di Chavez e di Maduro, dove ha vissuto e da cui è scappato, con i poveri alla fame e la classe media agli arresti domiciliari, finché esisteranno domicili.
Qui in America Donald Trump benché pieno di guai - punta totalmente sulla ricchezza che del resto vola come i razzi dell'imminente spedizione sulla Luna. Su di noi incombe invece un firmamento cupo: se restassero le cinque tristi stelle nel cielo del presepe, scivoleremmo dall'alto medio evo in cui ancora annaspiamo, verso l'era delle invasioni barbariche.
Il mio amico, che ha visto da poco Roma nel sudiciume e nel caos, conclude con un «so, let's hope in Berlusconi», speriamo in Berlusconi. Nessuna retorica: i barbari cavernicoli sono davvero alle porte, lasciate spalancate da una sinistra al suicidio.
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