
Ha fretta, Friedrich Merz, il presidente della Cdu candidato cancelliere dei popolari che hanno vinto le elezioni del 23 febbraio in Germania. Nella terra dove «il tempo cade goccia a goccia e nulla disturba la riflessione astratta» secondo Madame de Staël, è ora di agire rapidamente. È una corsa contro il tempo per Merz, che entro Pasqua vuole formare con la Spd un esecutivo «stabile, capace di agire» perché «il mondo non ci aspetta». Il presidente della Cdu ha già individuato le priorità della Grande coalizione: sicurezza e difesa per Germania ed Europa nel quadro della riformulazione dei rapporti con gli Usa, contrasto all'immigrazione illegale, occupazione e competitività per la ripresa dell'economia. Allo stesso tempo, per ammissione del presidente Cdu, si tratta di «sottrarre terreno» al partito di estrema destra Afd, «ultima chance» di fermarne l'ascesa.
Sul cammino di Merz, tuttavia, si erge un primo ostacolo proprio nella composizione e tenuta del governo. Le elezioni hanno assegnato ai popolari una vittoria pirrica col 28,6% dei voti, pari a 208 seggi al Bundestag. Afd, con cui Merz esclude ogni collaborazione, è seconda a un 20,8% che si traduce in 152 deputati. Con l'8,8% e 64 parlamentari, i post-comunisti di Die Linke occupano insieme ad Afd più di un terzo dei seggi, tanti da far conquistare la minoranza di blocco agli opposti estremi dell'emiciclo del Bundestag. La Spd al 16,4% e 120 deputati è stata trascinata a fondo dal suo cancelliere Olaf Scholz, che pure si è assunto la responsabilità di una «amara» sconfitta in un'eccezionale dimostrazione di autocritica- La Grande coalizione a cui punta Merz avrebbe dunque 328 seggi, appena dodici in più dei 316 della maggioranza. Un esecutivo nero-rosso mancherebbe quindi della forza necessaria ad affrontare la crisi politica, economica, culturale in cui versa la Germania, a rispondere alla domanda di cambiamento e guida sicura posta dai tedeschi.
Il problema non è meramente numerico, ma soprattutto politico. Se Merz si dice «molto fiducioso» di raggiungere un'intesa con la Spd al termine di «colloqui costruttivi», tra i socialdemocratici non si riscontra lo stesso ottimismo. Quello del 23 febbraio è stato per Scholz e compagni il risultato peggiore in un'elezione parlamentare in 138 anni. Ora è il momento dell'autocritica, che è lotta di potere intestina con i giovani a reclamare il cambiamento generazionale per ripartire. Scholz ha già fatto un passo indietro e non parteciperà ai negoziati per la formazione della Grande coalizione. Il riassetto nella Spd, che potrebbe portare alla guida il ministro della Difesa Boris Pistorius, è un'altra difficoltà per Merz. Al fine di recuperare consensi, Lars Klingbeil della Spd ha dichiarato che la formazione di una Grande coalizione «non è certa». I programmi di Cdu, Csu e Spd sono effettivamente spesso antitetici e una sintesi «non sarà facile da trovare», ha ammesso Merz.
Intanto, per i liberaldemocratici della Fdp e i Verdi, il voto ha innescato un terremoto. Gli ecologisti hanno ottenuto l'11,6% e il loro candidato cancelliere Robert Habeck ha dichiarato che non rivendicherà più un ruolo di guida nel partito. Peggio per la Fdp che, al 4,3%, ha mancato la soglia del 5% per l'accesso al Bundestag: il presidente del partito, Christian Lindner, si è dimesso dall'incarico e ha lasciato la politica.
Fuori dal parlamento anche l'estrema sinistra nazionalpopulista Bsw al 4,9%, che ora valuta il ricorso per il riconteggio dei voti. Così fosse, il tempo non giocherebbe a favore di Merz, ma di Afd che già guarda con fiducia a un prossimo futuro in cui andrà al governo.
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