Ceccanti: "Il Papa non può fare il cappellano dell'Ue o della Nato"

Il professor Stefano Ceccanti spiega perché "l’aspirazione alla pace non va scambiata con l’inazione, col neutralismo". Poi le aperture sulle riforme strutturali (e sul referendum Giustizia)

Ceccanti: "Il Papa non può fare il cappellano dell'Ue o della Nato"

Il professor Stefano Ceccanti, esponente di punta del Pd che prima di tutti gli altri si era detto convinto che Sergio Mattarella potesse (per Ceccanti dovesse) essere rieletto al Quirinale, disegna i confini tra il ripudiare la guerra e ad assistere inermi ad un massacro. Gli stessi disciplinati dalla Costituzione. Se i cattolici non sempre si sono schierati dalla parte del "pacifismo astratto", l'art.11 della Carta, come l'onorevole spiega nella introduzione di "I cristiani e la pace", libro di Emmanuel Mounier edito da Castelvecchio, necessita d'interpetazioni precise. E poi la politica, con la necessità mai venuta meno - dice Ceccanti - di una riforma elettorale e con qualche apertura sul Referendum sulla Giustizia.

Professor Ceccanti, è tornato il pacifismo di sinistra?

"Secondo la grande maggioranza delle grandi culture democratiche che hanno ispirato la Costituzione l’aspirazione alla pace non va scambiata con l’inazione, col neutralismo, ma col multilateralismo, è incardinata in una concertazione tra democrazie. Questo sono le distinte realtà dell’Unione europea e della Nato. Poi ci sono correnti minoritarie, a destra come a sinistra, che fanno una sorta di salto logico, per me sbagliato, dalla scelta personale della nonviolenza, che è apprezzabilissima e che può essere una scelta efficace dentro le democrazie, passano ad una sorta di pacifismo astratto che non tiene conto delle volontà di potenza negli Stati autocratici. Del resto anche nelle nostre società evolute e democratiche nessuno pensa di eliminare i corpi di polizia contando solo sulla bontà delle persone. Un deputato socialista all’Assemblea costituente propose la neutralità e la rinuncia all’esercito ma prese solo trenta voti. Queste posizioni di per sé sbagliate possono comunque aiutarci perché ci aiutano volta per volta a porci dei dubbi sulle scelte che facciamo, se esse siano razionali e proporzionate. Il dibattito in una società democratica è un elemento di forza".

Lei ha da poco introdotto un libro di Mounier sul rapporto tra i cristiani e la Pace. Non è sempre vero che i cristiani ripudiano la guerra?

"Storicamente fino al Concilio Vaticano II la dottrina, pur dentro alcuni criteri e limiti, tendeva ad essere troppo permissiva, alla fine tendeva a riconoscere in quasi ogni guerra un conflitto giusto. Come mi raccontò l’uditore laico Sugranyes de Franch, amico di Papa Montini e esule antifranchista, al Concilio ci fu un impegno forte per stringere i freni, soprattutto tenendo conto del potenziale distruttivo delle armi nucleari, tanto che nei testi del Concilio si parla solo di legittima difesa e non anche di guerra giusta. Però il Concilio non voleva affatto arrivare all'opposto, quello di ritenere sempre illegittima la difesa armata. Infatti Sugranyes ripeteva spesso che Francia e Regno Unito avevano sbagliato a non intervenire contro Franco e fu favorevole all’intervento contro la Serbia. Del resto Montini era stato insieme a Degasperi tra i sostenitori più forti dell’adesione dell’Italia alla Nato".

E poi c’è l’Art.11 della nostra Costituzione….

"Che ripudia appunto non solo la guerra per noi ma anche quella di aggressione degli altri. Per questo l’articolo nella sua seconda parte, che va letta in modo strettamente legato alla prima, tende a spostare a livello multilaterale la questione dell’uso legittimo della forza. Non è una scelta di isolazionismo per cui noi ripudiando la guerra nostra ci dovremmo disinteressare di quelle procurate da altri. Dopo di che, se non funziona il monopolio legittimo della forza perché il Consiglio Onu riconosce il potere di veto alla Russia che è un aggressore, è giusto che ci si ponga il problema di come aiutare chi legittimamente, secondo la stessa Carta Onu, difende il proprio diritto a resistere. Ovviamente in forme proporzionate e ragionevoli. L’aiuto all’Ucraina anche con armi è una via media tra l’assistere rassegnati in modo pilatesco e pendere iniziative con esiti sproporzionati come una no fly zone".

Senta, la guerra di Putin sembra bloccare in parte l’attività del Parlamento che è chiamato a nuove urgenze. Rischiamo di rimandare questioni centrali in termini di riforme istituzionali?

"Più che bloccare l’attività la ridefinisce, impone ad esempio di rimodellare il Pnrr e più in generale le politiche energetiche e quelle della difesa".

Come giudica la posizione del Papa sulla guerra?

"Il Papa e la diplomazia della Santa Sede sono chiamati ad un ruolo altro, di ricomposizione del conflitto, giocando lì il loro prestigio, ma questo non risolve il problema di cosa dobbiamo fare noi. Il Papa lavora su un piano diverso, non può fare il cappellano della Nato o dell’Unione europea, ma neanche noi possiamo vederci come ambasciatori della Santa Sede, noi dobbiamo fare il nostro dovere nella Ue e nella Nato, nelle forme multilaterali efficaci in questa fase".

L’Unione europea è chiamata a diventare “adulta”. Anche il Pd ormai sostiene la necessità di una Difesa comune.

"Il Pd ha nel suo dna De Gasperi e Spinelli, coloro che più di molti altri avevano lavorato nei primi anni ’50 per la Comunità europea di difesa, allora bocciata dai francesi. Lo è quindi non da oggi".

Sistema elettorale: non è più un argomento sul tavolo?

"L’esigenza c’è ed è forte, ma evidentemente a fine legislatura non si può immaginare una riforma votata fini da una piccola maggioranza contro altri. Bisogna provare fino alla fine ma con la condizione di una maggioranza larghissima, senza tentazioni di parte sulla base dell’ultimo sondaggio".

L’attenzione si è spostata: avete ancora intenzione, come forza di esecutivo, di intervenire sulla Giustizia prima del Referendum?

"La Commissione Giustizia sta lavorando e credo che ce la possa fare.

Se non arriverà in tempo occorrerà sostenere col Sì i quesiti coerenti col nostro impegno parlamentare (distinzione funzioni, valutazione magistrati, sistema elettorale Csm) e bocciare col No quelli non coerenti (abrogazione totale del decreto Severino, intervento confuso sulla carcerazione preventiva. In ogni caso il Parlamento dovrebbe intervenire anche dopo l’esito dei referendum perché il loro esito concreto non sarebbe risolutivo".

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