Una centrale dei dossier screditava politici e vip. Sul caso indagano i pm

Una rete criminale in funzione da almeno due anni, una macchina dei veleni che ha accumulato e distribuito con metodo documenti riservati, utilizzandoli per scoop mirati, ma anche per tenere sotto pressione avversari e concorrenti

Una centrale dei dossier screditava politici e vip. Sul caso indagano i pm
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Una rete criminale in funzione da almeno due anni, una macchina dei veleni che ha accumulato e distribuito con metodo documenti riservati, utilizzandoli per scoop mirati, ma anche per tenere sotto pressione avversari e concorrenti. É questo il quadro inquietante che si staglia dietro l'inchiesta della procura di Perugia sugli accessi abusivi alle banche dati della Banca d'Italia e dell'Agenzia delle entrate da parte di un tenente della Guardia di finanza in servizio in uno degli uffici giudiziari più delicati del paese, la Direzione nazionale antimafia. L'ufficiale è sotto inchiesta da aprile. Ma nel mirino dell'indagine, condotta personalmente dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone, c'è l'intera rete di complicità, anche eccellenti, che per due anni ha beneficiato dei dossieraggi accumulati dal tenente.

L'indagine, venuta ieri allo scoperto con le rivelazioni di alcuni quotidiani e confermata da una nota del procuratore Cantone, nasce da una denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto, che aveva visto squadernate sul quotidiano Domani una serie di Sos, le «Segnalazioni di operazioni sospette» elaborate da Bankitalia, che lo riguardavano. L'indagine è stata condotta inizialmente dalla procura di Roma che dapprima mette nel mirino il maresciallo, che nel periodo precedente lo scoop aveva acquisito senza nessun motivo ufficiale le Sos a carico di Crosetto, e di centinaia di altre personalità. Dal militare, a quel punto, l'inchiesta allarga il tiro: e qui la faccenda si complica tremendamente, andandosi a incrociare con le indagini su Silvio Berlusconi.

Eh sì perchè il finanziere smanettone è alle dirette dipendenze di un magistrato importante: Antonio Laudati, procuratore capo a Bari durante le indagini nate dalle dichiarazioni della escort Patrizia D'Adda. Laudati a Bari pagò care due cose: avere definito la D'Addario, chiacchierando con dei giornalisti, una ricattatrice utilizzata per un complotto contro il Cavaliere; e avere allontanato dall'inchiesta gli uomini della Guardia di finanza che considerava colpevoli delle continue fughe di notizie a favore dei giornali anti-Cav. Venne incriminato, poi assolto: ma intanto dovette lasciare Bari, trasferito su sua richiesta alla procura nazionale antimafia. Incaricato proprio di coordinare le indagini scaturite dalle Sos, le operazioni sospette segnalate da Bankitalia. E lì la sua pista si incrocia con quella del giovane ufficiale specializzato in accessi abusivi, che ora - interrogato dai pm - dice: me l'aveva ordinato Laudati.

A quel punto, la procura di Roma - essendo Laudati in servizio nella Capitale - sospende l'inchiesta, e manda le carte a Perugia come prevede il codice. Laudati a Roma non viene iscritto nel registro degli indagati, ma è chiaro che nel mirino c'è lui. É un capro espiatorio, sta pagando le colpe accumulate a Bari, i sospetti di «berlusconismo», lo scontro con le fiamme gialle? O è davvero uno dei protagonisti del mercato di scoop e della fabbrica di dossier alimentati dai computer della Procura nazionale?

L'unica cosa certa è che la macchina esisteva, e la denuncia di Crosetto ha scoperchiato quello che almeno da due anni era sotto gli occhi di tutti. A venire usate per colpire avversari politici sono state non solo le Sos ma anche documenti altrettanto riservati provenienti dalle strutture fiscali, copiati e passati alla stampa. Ma gli scoop sono probabilmente solo la parte emersa del fenomeno, altre carte sottratte illegalmente alle banche dati riservate sono finite in mano a chi è pronto a utilizzarle in altro modo. Sono servite insomma ad alimentare quella macchina del dossier che da decenni avvelena la vita politica nazionale, e di cui ieri testimonia l'invadenza anche il ministro delle Imprese Adolfo Urso, «anch'io ho subito la violazione della mail durante la presidenza del Copasir», il comitato di vigilanza sui servizi segreti. Non è un caso che ierio il Copasir annunci di avere avviato una pratica per capire cosa sia accaduto davvero.

A Perugia, intanto, incrociano le date delle interrogazioni

alle banche dati con quelli degli articoli di giornale. E Cantone fa sapere che alla accusa originaria formulata a Roma, l'accesso abusivo ai sistemi informatici, se ne sono aggiunte altre. Ipotesi possibile: corruzione.

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